Miliziani dell'Isis

Miliziani dell’Isis

Mediare o attaccare. Due opzioni per un solo risultato: liberare la Libia dalla morsa dello Stato Islamico. A inizio marzo, il quadro resta molto critico. L’Isis continua ad guadagnare terreno, Derna è circondata e, a sud di Sirte, sono stati attaccati due campi petroliferi controllati da Tripoli. In Libia sono due i fronti che, se alleati, potrebbero respingere gli estremisti: l’esecutivo laico di Tobruk, guidato dal generale Khalifa Haftar, e quello islamico che controlla Tripoli e Misurata. Il primo è rappresentato all’interno dell’Onu dall’ambasciatore Dabbashi e appoggiato dall’Egitto, il secondo è sostenuto da Turchia e Qatar.

A prendere corpo c’è però una terza via: l’idea di un governo di unità nazionale che, con l’aiuto internazionale, potrebbe fermare l’Isis. È questa la proposta dell’inviato dell’Onu Bernardino Leon, che sta seguendo e incoraggiando le trattative. Gli Stati Uniti, tramite l’ambasciatrice Samantha Power, da un lato si sono detti favorevoli a sposare l’idea, condannando gli interventi unilaterali come i raid egiziani. Dall’altro hanno sottolineato la mancanza di una strategia internazionale efficace a fronte di una situazione di emergenza. Anche la Gran Bretagna e la Francia sostengono la missione di Leon, insieme alla Russia che però accusa gli altri paesi di non dare sufficiente appoggio a Tobruk, considerato l’unico governo legittimo.

I dubbi più forti sulla strategia di Leon arrivano proprio dal suo Paese d’origine, la Spagna. Oyarzun Marchesi, ambasciatore spagnolo all’Onu, pensa che ci siano troppe divisioni all’interno del mondo arabo e nel Consiglio di Sicurezza Nazionale che sarebbe minato dalle prossime elezioni americane. Hillary Clinton potrebbe non volere truppe in Libia durante la sua campagna presidenziale.

Se il piano per il governo di unità nazionale dovesse fallire, rimarrebbe l’azione militare. Un’azione dei caschi blu non è l’opzione migliore perché richiede un tempo di approvazione e attuazione di almeno sei mesi. Potrebbero allora essere messe in atto delle manovre per spingere il fronte laico e quello islamico all’accordo: un blocco marittimo, che avrebbe la doppia funzione di sanzione economica e di prevenzione degli attacchi, o un congelamento dei guadagni derivanti dal petrolio.

Il 4 marzo, in una conference call con Matteo Renzi, Angela Merkel, Francois Hollande e David Cameron, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è detto «d’accordo sulla necessità di consultarsi sulle strade per gestire questa minaccia e sostenere una soluzione politica del conflitto in Libia».

Federica Scutari