L’Abruzzo e il Qatar sono uguali per estensione. La regione italiana ha un Pil di 27 milioni di euro, la monarchia del Golfo Persico di 170 miliardi. Ricchissima di gas naturale, nel 2022 ospiterà i primi Mondiali di calcio invernali. Il regno ospita la più estesa base navale americana del Golfo e a Londra è proprietario di più beni della Regina Elisabetta. Lo shopping del Qatar Investment Authority (il fondo sovrano qatariota specializzato negli investimenti) spazia dal grattacielo Shard di Renzo Piano ai magazzini Harrods su suolo britannico, da quote di Volkswagen e Porsche in Germania a collezioni d’arte che includono Warhol e Cézanne. Il suo fiore all’occhiello è il network televisivo panarabo, Al Jazeera. La crisi diplomatica scoppiata lunedì 5 giugno ha tra le cause proprio l’emittente, accusata di passare notizie sgradite nelle monarchie limitrofe. Ma procediamo con ordine.

La crisi. L’interruzione delle relazioni diplomatiche è l’ultima tappa di una controversia sul sostegno qatariota ai Fratelli musulmani, il più antico movimento islamista del mondo. Inoltre Doha è accusata di appoggiare l’Iran sciita, nemico storico delle monarchie sunnite del Golfo. Di qui la decisione di Arabia Saudita, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi, Yemen e il governo libico di Tobruk di chiudere le frontiere terrestri, marittime e aeree con il Qatar. Ai visitatori e ai cittadini qatarioti sono state date due settimane di tempo per lasciare i suddetti paesi.

La versione saudita. Nel comunicato ufficiale della monarchia dell’Arabia saudita si legge che il Qatar «sostiene e protegge numerosi gruppi terroristici che minano a destabilizzare la regione, come i Fratelli musulmani, l’Isis e al-Qaida”. L’accusa riguarda anche il mondo delle comunicazioni in quanto, secondo i sauditi, il Qatar «diffonde tramite i suoi media la visione e i progetti di questi gruppi, sostiene le attività di gruppi appoggiati dall’Iran nella regione saudita di Qatif e in Bahrain». Proprio il Bahrein, da tempo impegnato su fronte interno contro le ribellioni della popolazione sciita, accusa a sua volta il Qatar per «il sostegno alle attività terroristiche armate e i finanziamenti legati a gruppi iraniani», nazione guida dello sciismo mondiale. Sulla stessa riga lo Yemen, che ha incolpato Doha di sostenere i ribelli sciiti Houthi, frangia vicina all’Iran che da tre anni occupa la capitale Sanaa.

La versione egiziana. Il paese nordafricano giustifica la rottura dei rapporti diplomatici attraverso il suo ministero degli Esteri: «Il Qatar ha appoggiato la formazione terrorista dei Fratelli Musulmani sostenendo operazioni terroristiche nel Sinai». Sempre dal Cairo arriva l’accusa «di protezione di dirigenti della Fratellanza condannati in processi per terrorismo». La nota dell’Egitto si chiude incolpando i qatarioti «di fare propaganda per le idee di al-Qaida e di Daesh e di ingerire negli affari interni dell’Egitto e degli stati della regione al punto da minacciare la sicurezza di tutti gli arabi»

La visita di Trump. La tempesta che imperversa sulle sabbie del Medio Oriente è ricollegata da alcuni alla visita di Donald Trump in Arabia Saudita, avvenuta il mese scorso. Il presidente statunitense, mettendo Iran e Isis sullo stesso piano, ha dato man forte ai sauditi che da sempre si contendono l’egemonia dell’area con gli iraniani. Il piccolo Qatar, il cui emiro non è schierato contro l’Iran, rischierebbe di pagare con l’isolamento politico ed economico la sua neutralità.

Doha, capitale del Qatar

Le quattro cause secondo il Foglio. In un articolo di Daniele Ranieri, pubblicato il 5 giugno sul Foglio, si individuano quelli che sarebbero i quattro detonatori della crisi che prescinderebbero dal terrorismo. Procedendo in ordine cronologico, il primo episodio riguarda la liberazione di 26 qatarioti appartenenti alla famiglia reale: andati a caccia con i falchi in Iraq, sono stati rapiti da una milizia sciita filo-iraniana. L’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, ne ha ottenuto la liberazione organizzando un armistizio in Siria tra alcuni gruppi sunniti anti-Assad e due città controllate da Damasco. L’intromissione diretta del Qatar nella polveriera siriana non è stata gradita dai sauditi che hanno voluto ridimensionare le mire qatariote in politica estera. La seconda causa riguarda il già citato Donald Trump: la visita del presidente americano e l’acquisto di oltre 100 miliardi di armi statunitensi da parte dell’Arabia Saudita, è stato interpretato da Riad come un tacito mandato degli Stati Uniti per ricompattare il fronte dei regni sunniti contro l’Iran. In terzo luogo, la televisione di stato del Qatar riporta un virgolettato dell’emiro Tamim al-Thani: «L’Iran è una potenza islamica e regionale che non va ignorata e con cui non sarebbe saggio misurarsi», prima dichiarazione scottante. Poi l’emiro rincara la dose: «Hamas, costola palestinese dei Fratelli Musulmani, è il legittimo rappresentate dei palestinesi». Scoppia il caos e si riapre l’antica crepa tra Qatar e Arabia Saudita, da sempre schierata contro i Fratelli Musulmani. L’ultima delle cause è il sedicente incontro non ufficiale tra il ministro degli esteri del Qatar, Mohammed al-Thani, e il generale iraniano Qassem Suleimani. Il giornale saudita Okaz scrive dell’incontro a Baghdad il 29 maggio: le reazioni politiche sono violentissime in quanto Suleimani, che coordina tutte le operazioni iraniane in Medio Oriente, è nemico giurato del fronte sunnita che va dalla Siria allo Yemen.

Petrolio e Borsa. Le tensioni nel Golfo Persico hanno fatto salire il prezzo del petrolio sui mercati internazionali. Il greggio è salito il 5 giugno dell’1,6% superando la soglia dei 50 dollari a barile. Intanto la Borsa del Qatar ha perso dall’inizio della crisi diplomatica il 5,7%, mentre la Borsa dell’Arabia Saudita ha guadagnato lo 0,93%.

Hotel Gallia, in piazza Duca d’Aosta

Gli interessi del Qatar in Italia. «La sceicca e il marito sono innamoratissimi dell’ Italia», disse dieci anni fa l’allora presidente Giorgio Napolitano durante una visita di Stato nella penisola arabica. Quell’amore si è manifestato nell’acquisto di una compagnia aerea, di lussuosissimi alberghi, di tutta la maison Valentino e persino di 2.300 ettari di terreni e spiagge in Costa Smeralda. L’esordio degli investimenti qatarioti in Italia avviene nel 2006: il fondo sovrano del regno del Golfo fa suo l’Excelsior Gallia, storico hotel milanese. Seguono poi i 700 milioni spesi per la casa di moda Valentino e, nel 2016, sempre nel mondo della moda, passa ai qatarioti anche Pal Zileri, marchio di abbigliamento maschile di lusso. Due miliardi del fondo d’investimento sono stati spesi interamente per l’acquisto di alberghi a 5 stelle. In ordine cronologico a Venezia il The Gritti Palace a Roma il St. Regis e l’Excelsior, a Firenze il Baglioni e il Four Season e infine il “pacchetto” Costa Smeralda, 2.300 ettari di terreni e spiagge e ben quattro alberghi con il gioiello Cala di Volpe. Sempre in Sardegna una fondazione del Qatar ha comprato l’ospedale Mater di Olbia, struttura che faceva capo al San Raffaele di Milano. Così si spiega anche l’acquisto da parte di Qatar Airways del 49% di Meridiana, compagnia low cost molto attiva sugli scali sardi. Anche un pezzo di Milano appartiene ormai ai qatarioti: tutti i simboli della Milano futura, il Bosco Verticale, l’Unicredit e molti grattacieli circostanti sono proprietà del fondo sovrano del Qatar. Di fatto il piccolo regno è proprietario di un complesso di edifici nel quartiere di Porta Nuova con un valore di mercato che supera i due miliardi e mezzo. Ma anche l’Italia fa affari in Qatar, specialmente nel gas: il 9% delle importazioni italiane viene da lì, e poi smistate al rigassificatore off-shore di Rovigo.