Generale sì, ma prima regista. Forse anche per questo Slobodan Praljak ha scelto di uscire di scena nella maniera più cinematografica possibile. Le immagini dell’ex generale croato che in diretta tv beve una fialetta di veleno mentre il tribunale dell’Aja lo condanna a vent’anni di prigione, hanno fatto il giro del mondo. Immagini a effetto, un colpo di scena meditato. Non poteva essere altrimenti per uno che prima di essere stato tra gli autori della strage di musulmani a Mostar l’8 novembre 1993, aveva scelto di intraprendere un’altra carriera. Il teatro prima e il cinema poi, ma non solo: a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, ottiene una laurea in ingegneria elettronica, un’altra in filosofia e anche un diploma alla Film Academy. Poi la direzione di teatri a Zagabria, Osijek e Mostar.

Militare e artista – Se la sua storia fosse un film, l’inizio sarebbe ambientato nel 1991 quando a 46 anni si arruola nelle Forze armate croate per la guerra d’indipendenza: finirà in una legione reclutata a Zagabria. Insieme a Praljak ci sono molti intellettuali e artisti che hanno dovuto abbandonare il palcoscenico per combattere. Un ruolo che ha saputo interpretare fin dai primi giorni e in cui è riuscito a calarsi nel corso del tempo, dimostrando di riuscire a mettere in scacco l’esercito jugoslavo e serbo e di saper affrontare professionisti che potevano contare su armi e uomini. La sua carriera prende dunque una piega sempre più militare e sempre meno artistica: diventa così generale dopo la fine dell’assedio di Sarajevo.

Il vecchio ponte – A portarlo sul banco degli imputati del tribunale dell’Aja, con altri cinque accusati di crimini di guerra nella ex Jugoslavia, saranno i massacri di massa della popolazione musulmana in trenta centri tra Bosnia ed Herzegovina. Ed è forse questa la scena più cruda della sua attività militare, quando ordina il bombardamento che a Mostar distrugge il Vecchio Ponte, simbolo e capolavoro dell’architettura islamica nel cuore della città. Un’accusa che Pralik ha sempre respinto.

Il suicidio – A 72 anni ha deciso che la sua condanna a vent’anni non poteva essere rifiutata e banalizzata con un suicidio da comparsa, come quello di un suo celebre predecessore: Hermann Göring, che a Norimberga si spaccò la fiala di cianuro in bocca per evitare l’onta della forca. Praljak, da regista consumato, ha deciso che il miglior finale possibile doveva vederlo uscire di scena da attore protagonista.