L’inno sudafricano parte alle 11.59 di martedì mattina. La folla dello stadio di Johannesburg, migliaia di persone in piedi da cinque ore, alza il braccio destro e stringe il pugno, un gesto legato per sempre alla lotta all’apartheid.
Inizia così la commemorazione in diretta mondiale di Nelson Mandela, eroe di un Paese, fonte d’ispirazione per tutti gli altri. Il volto sorridente di Madiba, morto a 95 anni giovedì scorso, è stampato su centinaia di foto, dipinto sugli striscioni, baciato e abbracciato da un popolo che fatica a dirgli addio. Le persone hanno gli occhi chiusi, le guance bagnate, alcuni sventolano con orgoglio la bandiera nazionale. Dopotutto è ancora una cerimonia intima, dicono quelle lacrime, nonostante le telecamere, la diretta mondiale, i discorsi ufficiali.
Sugli spalti dello stadio sudafricano ci sono più di novanta Capi di Stato, attori, cantanti, praticamente tutto il mondo, eppure le parole, gli applausi, i balli e i canti sono soltanto per lui. Le telecamere inquadrano l’attuale presidente sudafricano, Jacob Zuma, e la folla fischia. Piove. «Non possiamo farci niente», si scusa, imbarazzato, Cyril Ramaphosa, vice segretario del partito di governo, l’African National Congress, lo stesso che detiene il potere dal 1994. Però, aggiunge Ramaphosa, «è un buon segno, perché quando piove nei giorni di sepoltura vuol dire che l’anima del defunto verrà accolta in cielo».
«Mandela ha unito tutti i colori, tutte le fedi, con rispetto e gentilezza», dice Thanduzolo Mlageni, 87 anni, il primo a parlare, lui che di Madiba è stato compagno di cella durante i 27 anni di detenzione. Il discorso più atteso, quello di Barack Obama, è arrivato verso mezzogiorno. Il suo volto sul maxi schermo è seguito dal boato della folla. «Ringrazio il popolo sudafricano per aver condiviso Nelson Mandela con tutti noi», esordisce il presidente americano. «È stato un gigante nella Storia, l’ultimo grande liberatore del XX secolo», continua Obama «sia io che mia moglie Michelle siamo stati aiutati dalle sue battaglie per i diritti civili». Difficile parlare di Mandela senza retorica. Obama lo paragona a Martin Luther King, ricorda che anche negli Stati Uniti «tante persone si sono sacrificate per combattere il razzismo».
La fine del discorso è accolta da una standing ovation del pubblico. Continua a piovere, su Johannesburg. Mercoledì 11 la salma di Mandela sarà esposta per tre giorni a Pretoria, poi, il 15 sarà tumulata a Qunu, il villaggio natale di Madiba. Ad attenderlo ci sarà una tomba circondata dalle rocce e da piante di aloe color arancio. Che, proprio come Mandela, riesce a fiorire e resistere anche quando tutt’intorno c’è soltanto il deserto.
Susanna Combusti