
Il presidente iraniano Hassan Rouhani (Ansa)
Trump potrebbe cambiare strategia e decidere di rimandare in linea i militari richiamati a casa nei mesi passati. Dopo l’annuncio del ritiro delle truppe dalla Siria e dall”Afghanistan, il Pentagono valuta la possibilità di schierare 10mila uomini in Medio Oriente per rafforzare le difese contro le potenziali minacce iraniane. La proposta verrà presentata a fine maggio alla Casa Bianca, cui spetta la decisione finale. A motivare la richiesta del dipartimento della Difesa è la tensione crescente con l’Iran. Teheran continua a espandersi nei territori che circondano l’Arabia Saudita, acerrima nemica sunnita dello stato guida degli sciiti di tutto il mondo.
La strategia del Pentagono – L’amministrazione Trump ha già inviato nei mesi passati in Medio Oriente una superportaerei con la sua flotta di appoggio, una squadra di bombardieri e una batteria di missili Patriot. Stando alle notizie diffuse dall’Associated press, la nuova strategia del Pentagono non prevede soltanto l’invio di nuove forze militari, ma anche di altri missili e altre navi. I funzionari del Dipartimento hanno riferito che la mossa non risponde a nessuna nuova minaccia, ma mira a rafforzare la sicurezza nella regione. Il Segretario alla difesa Patrick Shanahan e il Segretario di stato Mike Pompeo, pur accusando Teheran di minacciare gli interessi statunitensi nel Medio Oriente, hanno sostenuto che gli Stati Uniti stanno cercando di scoraggiare, non provocare, l’Iran. «Il nostro maggiore interesse a questo punto è prevenire l’errore di calcolo iraniano. Non vogliamo un’escalation», ha detto Shanahan.
L’incontro di giovedì – Il Pentagono presenterà giovedì prossimo, 30 maggio, il piano alla Casa Bianca. Per ora non vi è nessuna certezza che il rafforzamento dei militari nei territori del Medio Oriente venga realmente intrapreso. Non solo non si sa se la Casa Bianca accetterà la proposta avanzata dal Dipartimento, ma anche come potrebbe decidere di metterla concretamente in atto: non è chiaro se approverebbe l’invio di tutte o solo di alcune delle forze richieste. D’altra parte qualsiasi mossa per schierare più forze in Medio Oriente significherebbe un vero e proprio cambio di strategia per il Presidente americano, che ha ripetutamente sottolineato la necessità di ridurre la presenza delle truppe nella regione.
Il ritiro delle truppe – Negli ultimi mesi l’amministrazione Trump si è contraddistinta per aver richiamato in patria i militari occupati in Medio Oriente. Prima l’annuncio di voler ritirare i contingenti dalla Siria e poi dall’Afghanistan. Decisioni che hanno portato alle dimissioni dell’ex Segretario alla Difesa, Jim Mettis. «Il presidente Donald Trump merita un Segretario con idee che sono allineate alle sue», ha affermato nella lettera consegnata alla Casa Bianca, l’ex generale della Marina Militare.
La tensione con l’Iran – Nei confronti dell’Iran c’è stato un progressivo peggioramento nei rapporti. Le tensioni sono incominciate l’anno scorso. Con il pretesto di trovarlo poco conveniente per il suo Paese, Trump si è ritirato dall’accordo sul nucleare siglato dall’amministrazione Obama con Teheran, per poi costringere la Repubblica islamica ad accettarne uno nuovo sotto la minaccia di numerose sanzioni. A maggio, però, dopo diversi mesi passati a chiedere l’intervento dell’Europa, l’Iran ha annunciato la sua intenzione di recedere dal contratto. Anche gli Usa a quel punto hanno deciso di ritirarsi e hanno imposto nuove e più severe sanzioni all’Iran. Tuttavia, nonostante il conflitto sembri inasprirsi e l’economia di Teheran sia in ginocchio con una contrazione del Pil prevista al 7 percento nel 2019, l’ayatollah Ali Khamenei cerca di evitare un’escalation militare, sostenendo che l’Iran non sta in alcun modo favorendo lo scontro con gli Stati Uniti.
La strategia sciita – Allo stesso tempo, però, e forse è proprio questo ciò che sta preoccupando Trump, Teheran si sta espandendo sempre di più in Medio Oriente con una strategia che ricorda quella cinese in Africa. Come riporta Danilo Taino sul Corriere della sera, l’Iran sta finanziando sottobanco Paesi e movimenti mediorientali: per esempio sei miliardi alla Siria, un miliardo alle milizie irachene e 700 milioni al Libano (in particolare a Hezbollah). Le cifre sono riportate in un’analisi del centro di studi americano “Soufan center”. Secondo gli esperti, l’Iran starebbe sviluppando una strategia regionale volta a creare una rete politica e militare senza ricorrere a uno scontro diretto con Washington. Una strategia di soft-power a cui gli Stati Uniti stanno invece rispondendo con i contingenti militari. «Le forze armate sono completamente preparate e forti a sufficienza da difendere il Paese», avvertono da Teheran.