Migliaia di soldati americani saranno ritirati dall’Afghanistan e dall’Iraq entro il 15 gennaio 2021. Le truppe statunitensi impegnate nei due Paesi sono in totale 7500, ma con questo taglio il numero si ridurrà a 2500 uomini per ciascun Paese. L’annuncio è arrivato il 17 novembre direttamente dal ministro della Difesa Christopher Miller, nominato dal presidente Donald Trump lo scorso 9 novembre in seguito al licenziamento di Mark Esper.

Nato e repubblicani –  «Continueremo a formare, consigliare e assistere le forze afghane nella loro lotta contro il terrorismo internazionale anche dopo la riduzione della presenza delle forze americane» scrive in un tweet Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato. «Il prezzo per partire troppo presto o in modo scoordinato potrebbe essere molto alto», continua Stoltenberg preoccupato per un’eventuale riorganizzazione del terrorismo che verrebbe favorita in caso di mancata presenza nel territorio afghano delle forze Nato. Dubbi simili sono stati manifestati anche da esponenti repubblicani come Marco Rubio (commissione Intelligence del Senato) e i senatori Mike Rounds e John Barrasso, che si sono richiamati al disastro del Vietnam del Sud. Il ricordo dell’abbandono ai nordvietnamiti del Paese asiatico resta ben vivo nella memoria americana: non è quindi escluso che anche le decisioni sull’Afghanistan possano essere riviste per evitare analoghe conseguenze.

Il contributo italiano –L’attuale contributo dell’Italia, stando alle informazioni fornite dal sito del ministero della Difesa, prevede un impiego massimo di 800 militari, 145 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei, suddivisi tra personale con sede a Kabul e contingente militare italiano dislocato ad Herat. Commentando la decisione presa dagli Stati Uniti, il ministro per la Difesa Lorenzo Guerini ha ribadito in Parlamento che «L’Italia continuerà a fare la sua parte in Afghanistan», rinviandone la valutazione a febbraio. Con l’insediamento dell’amministrazione Biden, la Nato dovrà decidere se continuare la missione in Afghanistan o procedere «alla conclusione con il ritiro complessivo dei contingenti lì schierati». Riconoscendo che la cessazione dei conflitti con i Talebani è ancora lontana, Guerini assicura che non vi saranno «arretramenti rispetto ai risultati che in questi anni sono stati raggiunti».

I crimini delle forze speciali australiane – Si è conclusa nel frattempo l’indagine durata quattro anni e condotta dal generale australiano Angus Campbell che ha portato alla luce i crimini delle forze speciali commessi in Afghanistan. Il capo delle forze armate ha ammesso l’uccisione illegale di 39 civili «commessi da o in cui sono stati coinvolti membri delle forze armate». Inoltre, ha aggiunto l’ufficiale, alcuni soldati «hanno trattato crudelmente le persone sotto il loro controllo», precisando poi che «nessuno di questi crimini è stato commesso in battaglia». Il generale Campbell ha poi concluso le sue dichiarazioni alla stampa chiedendo scusa al popolo afghano «per qualsiasi illecito commesso dai soldati australiani».  Non è la prima volta che le forze speciali australiane vengono accusate di crimini di guerra: come ha riportato il 12 novembre scorso la Bbc, nel 2016 è partita un’inchiesta condotta dall’Adf (Australian Defence Force) che ha indagato su 55 incidenti tra il 2005 e il 2016 ascoltando ben 336 testimoni. A marzo l’Australian Broadcasting Corporation ha trasmesso un filmato che mostrava un militare dell’Australian Special Air Service (Sas) che sparava alla testa a un afghano disarmato.