Un edificio colpito dall’attacco israeliano nel sud del Libano (Fonte: Ansa/Epa)

Mentre l’esercito di Tel Aviv colpisce l’ospedale di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, il conflitto in Medioriente rischia ancora una volta di allargarsi al Libano in seguito agli attacchi missilistici tra Hezbollah e Israele. In risposta ai razzi lanciati dalle milizie filoiraniane verso due basi militari in Galilea, dove è stata uccisa una soldatessa israeliana, Tel Aviv ha attaccato il sud del Libano con un’ondata di raid. Secondo la Croce Rossa locale, il bilancio di questo attacco sarebbe di almeno 13 morti. Nel frattempo, la pressione degli alleati di Israele per uno stop al conflitto si fa più intensa: anche la Città del Vaticano, tramite il Segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, ha definito sproporzionata la risposta militare di Israele agli attacchi subiti il 7 ottobre, chiedendo di trovare «un’altra soluzione al problema di Gaza e per la risoluzione della questione in Palestina». Parole che hanno scatenato la reazione di Israele.

Linea Blu – La mattina del 14 febbraio le milizie di Hezbollah hanno lanciato una pioggia di razzi verso due basi nel sud di Israele: il bilancio è di almeno un morto e otto feriti. La risposta dell’esercito di Tel Aviv è stata immediata, con un’ondata di raid verso il sud del Libano: secondo fonti locali, sarebbero almeno 13 i morti tra cui donne e bambini. Nonostante l’appello dell’Onu a interrompere l’escalation, il fronte della Linea Blu (la linea di demarcazione tra il Libano e lo Stato ebraico) resta incandescente: il 15 febbraio all’alba sono ripresi i raid israeliani ed Hezbollah ha dichiarato che «se distruggono le nostre case, distruggiamo le loro case».

Tensioni con il Vaticano – Dagli Stati Uniti al Vaticano: i sostenitori occidentali di Israele iniziano a criticare le operazioni militari di Benjamin Netanyahu. Il Segretario di Stato del Vaticano Pietro Parolin ha affermato che «il diritto alla difesa di Israele» deve essere «proporzionato, e certamente con 30 mila morti non lo è». Immediata la replica dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, che ha definito «deplorevole» la dichiarazione del cardinale, aggiungendo che «giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di tutte le circostanze porta a conclusioni errate». Tra queste «circostanze» ci sarebbe l’utilizzo da parte di Hamas di infrastrutture civili, ospedali inclusi, a scopo militare. A queste parole ha fatto seguito un editoriale pubblicato sull’Osservatore Romano, in cui il direttore editoriale dei media vaticani Andrea Tornielli ha ribadito la posizione di Parolin: «Per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime», senza differenze tra israeliani e palestinesi. «Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina», ha concluso Tornielli.