Cinquant’anni fa, il 20 novembre del 1975, moriva Francisco Franco. Una morte pacifica, da uomo ormai ottuagenario, nel letto di casa, dopo una vita turbolenta fatta di insurrezioni armate contro la Repubblica spagnola, la successiva guerra civile e 36 anni di dittatura. Una fine assai diversa da quella di altri due dittatori dell’epoca che avevano dato un contributo determinante a portarlo al potere, Benito Mussolini Adolf Hitler – il primo ucciso dai partigiani, il secondo suicidatosi nella Berlino invasa dai sovietici. Fu proprio la decisione di non seguire gli alleati nella Seconda guerra mondiale a permettere a Franco di morire in modo incruento, così come il suo regime. I successori del Caudillo (‘comandante’), come Franco si faceva chiamare in modo analogo al Duce e al Führer, riuscirono infatti a negoziare la transizione alla democrazia, assicurandosi amnistia e in alcuni casi anche posizioni rilevanti nel nuovo regime. Ma partiamo con ordine, da dove tutto è iniziato.

Il giovane ufficiale Francisco Franco nel 1923

Gli esordi di un tiranno – 18 luglio 1936, Canarie. Poco meno che quarantenne, il generale Francisco Franco, ex capo di stato maggiore, è al bivio più importante della sua vita. Deve decidere se restare fedele al governo repubblicano di Madrid, con il Fronte popolare di socialisti e comunisti al governo, o seguire i militari che da settimane preparano un golpe per riportare «ordine e disciplina» nel Paese. Questi valori Franco li conosceva sin da giovanissimo. Figlio cadetto di una famiglia di ufficiali di Marina da generazioni, Franco si era formato alla rigidissima accademia militare di Toledo ed era diventato comandante della Legione straniera spagnola in Marocco. La Spagna era attraversata da più di un decennio di turbolenze: nel 1923 il generale Miguel Primo de Rivera era salito al potere con un golpe militare, ma il supporto dell’esercito si affievolì sempre di più, portando alle sue dimissioni e alla nascita della Seconda repubblica spagnola nel 1931. I generali reazionari non si erano però mostrati favorevoli a questo esito: nel 1932 José Sanjurjo innescò un’insurrezione a Siviglia, fallendo però nel tentativo di rovesciare la repubblica. In questa occasione il generale Franco sconsigliò il colpo, restando fedele al governo.
Nel 1936 lo scenario era però nuovamente propizio per tentare un’insurrezione. Il Fronte popolare delle sinistre aveva ottenuto una risicatissima maggioranza, ma il paese era in subbuglio: l’opposizione temeva l’instaurarsi di un regime marxista e a luglio il leader dell’opposizione José Calvo Sotelo venne ucciso da un gruppo armato di estremisti repubblicani. Da qui l’impulso dei golpisti: riportare ordine alla Spagna con un’insurrezione armata. Alla guida del movimento Emilio Mola e il recidivo José Sanjurjo, tornato dall’esilio portoghese.

Franco ispeziona le truppe a fianco di Hitler

L’ora del regime – Il piano si mette in moto il 17 luglio, ma la terza testa, il generale Franco, tentenna. Dopo ore concitate di riflessioni e pressioni da parte di Mola, il giorno seguente il generale si schiera. Con il manifesto di Las Palmas annuncia: «In questo momento, tutta la Spagna si solleva invocando pace, fraternità e giustizia. Vi offriamo giustizia e uguaglianza davanti alla legge. Pace e amore tra gli spagnoli. Libertà e fraternità libere da licenza e tirannia». Ciò che segue è però noto: i golpisti non riuscirono a imporsi subito e l’insurrezione fulminea si trasformò in una guerra durata quasi tre anni, con distruzioni terribili, come il bombardamento aereo di Guernica che ispirò Pablo Picasso, e più di mezzo milione di morti. Decisive per la causa dei golpisti il supporto di Italia e Germania: Benito Mussolini inviò 70mila uomini inquadrati nel Corpo truppe volontarie, formato da reparti dell’esercito e camice nere della Milizia, mentre Adolf Hitler inviò la famigerata Legione Condor, aerei da bombardamento e caccia di ultima generazione. A supporto del governo repubblicano invece ci fu il contributo materiale dell’Unione Sovietica, mentre i governi democratici come Francia e Regno Unito, pur condannando il golpe e le sue efferatezze, non mandarono ufficialmente aiuti. Il supporto venne principalmente dalle brigate di volontari internazionali, divise però dalle differenze ideologiche tra socialisti, comunisti e anarchici, alcuni dei quali temevano l’influenza che l’Unione Sovietica poteva esercitare. Approfittando dello schieramento diviso e indebolito degli avversari e delle sospette morti in incidenti aerei degli altri leader del golpe, Francisco Franco riuscì a imporsi prima come leader dell’insurrezione e poi capo della Spagna come Caudillo, una volta terminato il conflitto a maggio del 1939.
Nel frattempo c’era bisogno di dare carattere istituzionale all’insurrezione e al futuro nuovo governo: Franco fece fondere le varie forze reazionarie nella Falange, ispirata al partito fascista italiano, noto poi nel dopoguerra anche come Movimiento Nacional. Una volta al potere il partito divenne l’unico ammesso nel paese e continuò la repressione iniziata nella guerra: agli oltre 150 mila civili giustiziati sistematicamente dalle forze franchiste durante il conflitto, si aggiunsero altre decine di migliaia di vittime nei primi anni di stabilizzazione del regime, durante i quali continuarono azioni di guerriglia da parte di ridotti gruppi repubblicani rifugiati in montagna. Oltre alle repressioni, circa mezzo milione di spagnoli andò in esilio per sfuggire alla guerra e al regime franchista, inclusi Pablo Picasso e il regista Luis Buñuel, mentre un altro intellettuale dichiaratamente repubblicano, lo scrittore Federico García Lorca decise di restare in patria e venne assassinato.

La bara con il corpo di Franco esposta al suo funerale

Una fine indolore – Il Caudillo mantenne il potere per più di tre decenni, ma verso la fine della sua vita il regime mostrò segnali di cedimento. Il successore designato, l’ammiraglio Luis Carrero Blanco, fu ucciso dagli indipendentisti baschi il 20 dicembre del 1973 in pieno centro a Madrid: la sua macchina fu fatta volare in aria da 100 chili di dinamite piazzati dagli attentatori. Gli altri membri della gerarchia franchista iniziarono a prepararsi una via di uscita, favorita da un altro personaggio cresciuto alla corte di Franco: Juan Carlos di Borbone. Il Caudillo aveva formalmente ripristinato la monarchia nel 1947, nominandosi reggente, ma i Borbone ritornarono sul trono spagnolo solo dopo la morte del dittatore, che l’aveva nel frattempo occupato di fatto facendosi ritrarre come un monarca e vivendo nel palazzo reale di Madrid. Nel 1969 Franco indicò come successore al trono proprio il trentenne Juan Carlos, nipote dell’ultimo re Alfonso XIII, scavalcando nella successione il padre, ritenuto di simpatie troppo liberali da Franco. Il giovane successore, educato personalmente da Franco, si trovò così a gestire il passaggio alla democrazia, avvenuto nel giro di qualche anno, diventando formalmente re due giorni dopo la morte del Caudillo. Nel 1977 venne emanata un’amnistia, che coprì sia i responsabili del regime franchista, sia i suoi perseguitati, mentre nell’anno successivo fu il turno di una Costituzione democratica e nel 1979 di elezioni generali.

Al centro, Franco nei suoi ultimi mesi di vita. A sinistra, il futuro re Juan Carlos

L’eredità del Caudillo – Ampie fasce della società spagnola criticarono l’impunità concessa ai responsabili del regime franchista, e lo stesso Juan Carlos fu più volte visto come un monarca troppo legato al passato regime. L’ex sovrano, che ha abdicato nel 2014 in favore del figlio Felipe in seguito ad alcuni scandali finanziari, ha suscitato nuove polemiche proprio questo mese con la pubblicazione delle sue memorie, nelle quali ha detto di provare «grande rispetto per l’intelligenza e l’acume politico» del dittatore. Ma l’eredità di Franco non si è fermata a Juan Carlos e ai vecchi esponenti del regime, estintisi pian piano nel tempo. Ha trovato anzi terreno fertile nei nuovi movimenti di contestazione, come il partito di estrema destra Vox, vicino al 20% nei sondaggi politici in Spagna. Stando al centro di ricerche sociali Cis, il 61% degli elettori del partito considerano il regime democratico attuale peggiore o molto peggiore di quello franchista, segnalando inoltre che un quinto degli spagnoli considera il governo del Caudillo come «buono» o «molto buono». Il dato è ancora più alto per i giovani tra i 18 e i 28 anni, quasi un quarto.
Proprio Vox è stato inoltre finanziato a lungo dalla Fondazione Francisco Franco, che ha organizzato una celebrazione in memoria del dittatore. La Fondazione sembra però giunta alla sua fine: il governo di Pedro Sanchez ha infatti promulgato una legge sulla memoria democratica nel 2022 che vieta organizzazioni che celebrino la dittatura. Sulla base di questa legge, la scorsa settimana è stata avviata la procedura per la chiusura della Fondazione, che presenterà ora le proprie difese.
Tra le altre manifestazioni, venerdì 21 novembre il movimento nostalgico Falange ha organizzato una marcia celebrativa per le vie di Madrid, che sarà seguita da una contromanifestazione il giorno successivo. Nessun commento da Juan Carlos di Borbone, ritiratosi a vita privata negli Emirati Arabi Uniti, mentre il palazzo reale e il parlamento celebreranno invece il cinquantenario del ripristino della monarchia.