La crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia si arricchisce di un nuovo capitolo. Alle prime ore del 18 novembre sono stati arrestati un centinaio di richiedenti asilo, che hanno forzato il blocco non troppo distante dal villaggio polacco di Dubicze Cerkiewne. Lo riporta il ministro della Difesa di Varsavia, Mariusz Blaszczak, secondo il quale dietro al tentativo fallito ci sarebbero gli Spetznas, le forze speciali bielorusse, che avrebbero spinto i migranti a lanciare pietre per distrarre i soldati a presidio del confine.

La crisi – L’emergenza al confine tra Polonia e Bielorussia non accenna a diminuire, anche perché sta aumentando il numero di migranti ammassati per entrare nell’Unione Europea, più di 15mila secondo le autorità polacche. Il 16 novembre un gruppo di loro era stato respinto da idranti e gas lacrimogeni. Il giorno dopo il governo bielorusso ne ha portati via un migliaio, sistemandoli in un centro logistico vicino a Bruzgi, dotato di riscaldamento, dando ai rifugiati coperte, materassi, cibo e assistenza medica. Uno di loro, un curdo iracheno di nome Miran Ali, ha condiviso un video per mostrare l’esultanza dei presenti dopo che i soldati bielorussi hanno promesso che non verranno rimpatriati. Rimane però ancora alto il numero di richiedenti asilo accampati in tende all’aperto, dove soffrono per il freddo e l’igiene inesistente. Per i giornalisti è molto difficile documentare questa situazione: la Polonia ha vietato l’accesso alla zona di confine, mentre il governo bielorusso permette una presenza molto limitata.

La diplomazia – La maggior parte dei migranti arrivano da Siria e Iraq. Il loro obiettivo è entrare in Ue per poi stabilirsi nei Paesi dell’area Occidentale, su tutti la Germania. La Bielorussia li sta spingendo in Polonia, Lettonia e Lituania per rispondere a Bruxelles, dopo le sanzioni decise nei mesi scorsi come reazione al regime autoritario del presidente Aleksandr Lukashenko. Lui stesso il 15 novembre ha parlato per 50 minuti al telefono con la cancelliera tedesca Angela Merkel. In un momento estremamente delicato dal punto di vista diplomatico, i due leader hanno concordato l’avvio dei negoziati tra Bielorussia e Ue per risolvere la situazione al confine con la Polonia. Un punto centrale riguarda gli aiuti umanitari ai richiedenti asilo, per la cui gestione verrebbero coinvolti l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Sul tema è intervenuta anche la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen: «L’Europa è dalla parte delle persone intrappolate al confine con la Bielorussia. La Commissione europea ha stanziato 700mila euro per consegnare cibo, coperte, kit igienici e di pronto soccorso. Siamo pronti a fare di più», aggiunge, «Ma il regime bielorusso deve smettere di adescare le persone e di mettere a rischio le loro vite». Stessa opinione per il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi: «Viene fatto uso dei migranti come strumento di politica estera».

Il muro – La Bielorussia si sta concentrando soprattutto sul confine con la Polonia per una scelta strategica ben precisa: Varsavia è tra i Paesi più rigidi dell’Ue sul tema dei migranti. Il luogo ideale, dunque, per infiammare lo scontro politico. Le autorità polacche hanno già costruito barriere di filo spinato, mentre a dicembre inizieranno a costruire un muro tra i due Paesi, lungo 180 chilometri e alto 5.5 metri, per un costo stimato di 353 milioni di euro. Dovrebbe essere pronto per l’estate del 2022. Non tutti i Paesi Ue sono contro l’iniziativa di Varsavia: in 11 (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Slovacchia) si sono detti favorevoli a dare finanziamenti. «Barriere fisiche sono misure di protezione efficaci al servizio di tutta l’Unione Europea», recita la lettera firmata da questo gruppo di Paesi a supporto della Polonia. Contraria invece la Francia: «Sono a favore di un’Europa che protegge i propri confini», ha detto il segretario di Stato per gli Affari Europei Clément Beaune, «Ma non a un’Europa che usa muri e filo spinato».