Tra tensioni, arresti e accampamenti di fortuna, sono oltre 2.000 i profughi relegati al confine tra Bielorussia e Polonia in condizioni estreme, al gelo e con scarsità di generi alimentari. La situazione «è al limite e c’è il rischio di un conflitto armato», ha dichiarato Varsavia. Nel frattempo l’Unione europea cerca delle soluzioni a breve termine, in particolare sanzioni nei confronti del governo di Minsk e delle compagnie aeree che favoriscono il traffico di migranti. Nello specifico Belavia, la compagnia di bandiera bielorussa che offre voli diretti verso Minsk da Istanbul, Dubai e altre località mediorientali. La mattina del 15 novembre il Consiglio Ue ha dato il via libera all’estensione del regime sanzionatorio, permettendo così a Bruxelles di colpire individui ed entità che organizzano o contribuiscono alle attività del regime di Aleksandr Lukashenko e che facilitano l’attraversamento illegale delle frontiere esterne dell’Ue. «Questa decisione riflette la determinazione dell’Unione europea a resistere alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici. Stiamo respingendo questa pratica disumana e illegale. Al tempo stesso continuiamo a sottolineare l’inaccettabile repressione in atto da parte del regime contro la propria popolazione e noi risponderemo di conseguenza», ha detto l’Altro Rappresentante Ue per gli Affari Esteri Josep Borrell. Dall’altra parte, Lukashenko ha fatto sapere, tramite l’agenzia di stampa statale Belta, che la Bielorussia è pronta a rimpatriare i migranti ma loro non vogliono tornare.
Le sanzioni dell’Europa – Ancora non si conoscono nel dettaglio le sanzioni Ue che verranno introdotte ma quel che è sicuro è che andranno a contrastare tutti coloro che partecipano al traffico di migranti, quindi compagnie aeree, agenzie di viaggio e funzionari. Ad anticiparlo prima del meeting odierno è stato Josep Borrell, vicepresidente della Commissione Europea e Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. La risposta della Bielorussia non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri, Vladimir Makei, ha definito le sanzioni europee controproducenti e senza speranza, informando l’Ue che la Bielorussia sta già provvedendo a organizzare i primi rimpatri.
Il controllo sui voli – È stato programmato il primo volo di rimpatrio per i profughi. «L’Iraq effettuerà un primo volo per coloro che desiderano tornare volontariamente il 18 novembre dalla Bielorussia», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iracheno, Ahmed al-Sahaf, all’emittente tv irachena. La difficoltà maggiore sarà individuare i cosiddetti volontari. Il pacchetto di viaggio completo, dal rilascio dei permessi al trasporto fino a Minsk, fino all’accompagnamento alla frontiera con l’Unione Europea, costa dai 12 mila ai 15 mila euro. I principali punti di partenza sono Erbil e altre due città del Kurdistan iracheno, Shiladze e Sulaymaniyah. Si prevede, dunque, che le operazioni di rimpatrio non saranno poi così semplici. Mentre vengono programmate le partenze, gli arrivi a Minsk, invece, potrebbero essere bloccati del tutto con una no fly zone. «Siamo molto preoccupati sulla situazione in Bielorussia, oggi discuteremo delle sanzioni, ma noi dobbiamo fare in modo che l’aeroporto di Minsk diventi una no fly-zone e che nessun aereo con a bordo migranti vi possa atterrare», ha detto Gabrielius Landsbergis, il ministro degli Esteri lituano prima di entrare al Consiglio affari esteri a Bruxelles.
La situazione al confine – Cinquanta gli arresti registrati dalla polizia polacca nella notte di mercoledì 10 novembre, quando nei villaggi di Krynki e Bialowieza due gruppi di migranti hanno sfondato la linea di confine. Oltre 2.000 profughi ammassati sul confine polacco-bielorusso a fianco di un filo spinato alto due metri e mezzo. Le cronache di questi giorni narrano di famiglie e minori in stato di emergenza. Bivaccano nei boschi a temperature glaciali con poca acqua e cibo e tende da campeggio come unico rifugio notturno.
Le parole di Lukashenko e l’appoggio del Cremlino – «La Bielorussia non vuole un conflitto al confine, siamo pronti a rimandare i migranti in patria», ha detto Lukashenko, che dopo aver minacciato di bloccare l’erogazione di gas russo verso il continente europeo ha deciso di optare per un dialogo più diplomatico con i vertici Ue. Mosca ha subito frenato su questa ipotesi, ma ha comunque manifestato il suo appoggio a Minsk: «Non è assolutamente corretto attribuire ad Alexander Lukashenko l’intera colpa della crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Ue», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dalla Tass, la principale agenzia di stampa russa.