La ruota della fortuna sembra girare sempre dalla parte di Donald Trump. O perlomeno, trova sempre chi l’aiuta nel raggiungere i suoi risultati. Per la Corte Suprema degli Stati Uniti il presidente può espellere i migranti anche in paesi diversi da quello di origine. Il tutto con un preavviso minimo. Lo ha stabilito il 24 giugno accogliendo la richiesta d’urgenza del tycoon: tre giudici liberali contrari, sei conservatori a favore (tre di questi nominati dal presidente nel suo primo mandato). «Accendiamo gli aerei per le deportazioni», ha festeggiato sui social media Tricia McLaughlin, portavoce del Dipartimento per la sicurezza interna.

Le deportazioni – Come riporta il New York Times, nella primavera 2025, i diplomatici statunitensi all’estero hanno ricevuto un messaggio urgente da Washington. La missione era chiedere al paese in cui si trovavano di accogliere le persone espulse dagli Stati Uniti anche se non erano cittadini di quelle nazioni. Hanno preso contatto con Paesi di tutto il mondo: Europa, America Latina, Asia e soprattutto Africa, anche zone devastate dalla guerra e note per le violazioni dei diritti umani. Le nazioni con cui l’amministrazione americana ha già parlato sono 29, mentre altre 29 sono state contattate per un totale di 58 Paesi. Di questi sette hanno già accettato: Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Panama, Kosovo e Ruanda. Trump sta creando una rete di nazioni che accolgano persone da ogni parte del mondo anche rinchiudendole in prigioni o campi. «Gli Stati Uniti sono ansiosi di collaborare con paesi disposti ad accogliere persone», si legge in un telegramma del 12 marzo inviato alle ambasciate Usa.  Il Kosovo ha accettato di tenerne fino a 50, mentre la Costa Rica già ne accoglie decine. Molti paesi chiedono in cambio soldi o favori, come El Salvador che ha ricevuto circa 5 milioni di dollari per 200 immigrati venezuelani o il Ruanda che ne ha guadagnati 100 mila.

I casi problematici – Un diplomatico americano nel marzo 2025 ha preso contatto con un funzionario del regno di Eswatini (ex Swaziland) per accogliere alcuni migranti. Il paese è già in ginocchio a causa dell’afflusso di rifugiati richiedenti asilo del Mozambico. Oltre a ciò, lo stesso Dipartimento di Stato americano sui diritti umani elenca numerosi abusi nel paese, con esecuzioni e torture. Altri casi problematici sono quelli di Libia e Sud Sudan, paesi che ancora non hanno ufficialmente accettato gli accordi di deportazione, ma in cui già molte persone sono state trasportate in queste ore. Il Sud Sudan è da anni devastato dalla guerra. È una nazione tanto pericolosa che l’ambasciata americana ha ordinato ai suoi dipendenti di andarsene. Si trova al 181° posto su 188 nazioni nell’indice di sviluppo umano, solo il 27% del popolo è alfabetizzato e ha un’aspettativa di vita di 57 anni. L’emergenza umanitaria è in atto da anni e si teme il ritorno di una guerra civile. Circa 7,7 milioni di persone non riescono a trovare cibo, per l’Onu più di due milioni di bambini è in emergenza alimentare (+10% in un solo anno) ed è in corso la più grave epidemia di colera del mondo. Nonostante ciò, gli Stati Uniti lo hanno selezionato come paese in grado di accogliere decine di migranti. Un’eventualità che il paese africano ha già dimostrato in passato di non essere in grado di sostenere. Ha accolto poco fa una milione di profughi in fuga dal vicino Sudan ma dopo poco ha dovuto interrompere gli ingressi e bloccare il confine a causa della carenza di fondi.

A livello legale – È vero che la Corte Suprema ha dato ragione a Trump, ma è in corso una piccola, ma tenace, resistenza dei tribunali federali. L’amministrazione del presidente ha fatto causa ai giudici del Maryland, in particolare all’ordinanza firmata dal giudice capo George L. Russel III, perché hanno bloccato l’espulsione di ogni immigrato detenuto che richieda udienza in tribunale. Anche un giudice federale di Boston negli stessi giorni ha dichiarato che la Casa Bianca ha violato un ordine del suo tribunale sulle deportazioni verso Paesi terzi. A livello legale la questione è problematica. Trump presenta l’operazione come argine ad un’invasione di criminali stranieri. Il Segretario di Stato Marco Rubio in una riunione di gabinetto ha detto: «Vogliamo mandarvi alcuni degli esseri umani più spregevoli, ci farete questo favore?». Tuttavia, non è mai stata presentata una prova di illeciti penali da parte della maggioranza delle persone detenute per essere espulse. Secondo molti avvocati contrari alle deportazioni gli Stati Uniti stanno ignorando il potenziale di violazioni dei diritti umani nei paesi ospitanti. Oltre al già citato Sud Sudan, c’è anche il caso di Panama che ha accolto circa 300 persone. Prima sono state messe in un hotel, ma chi è si poi rifiutato di tornare nel proprio paese di origine è stato trasferito nella giungla. Molti sono stati rilasciati dopo aver intentato una causa contro il governo di Panama. Ci sono poi diversi casi come quello del vietnamita Tuan Thanh Phan. L’uomo è stato prelevato nel cuore della notte. Il suo processo e quello di altre sette persone erano ancora in corso mentre era in volo verso il Sud Sudan, poi dirottato in una base militare statunitense in Gibuti. Per Mark Hetfield, presidente dell’HIAS, un’agenzia per il reinsediamento dei rifugiati, tutto ciò è «un altro chiodo nella bara del ruolo dell’America come difensore dei diritti umani».