Sono più di novemila i migranti honduregni che nella notte del 16 gennaio hanno superato il confine con il Guatemala, prima tappa della marcia che nelle loro intenzioni dovrebbe portarli a varcare la frontiera dapprima del Messico e poi degli Stati Uniti. La carovana umana, dopo giorni di cammino a piedi in Honduras, è riuscita a percorrere circa cinquanta chilometri in territorio guatemalteco, prima di essere bloccata da un posto di blocco in un’autostrada nei pressi della città di Vado Hondo, nel Guatemala orientale. In molti hanno tentato di forzare il cordone e oltre 3.500 persone si sono scontrate con la polizia: i migranti erano riusciti a oltrepassare il valico di frontiera di El Florido, nel dipartimento di Chiquimula, e inizialmente le forze dell’ordine avevano ricevuto l’ordine di lasciar passare la carovana, in considerazione dei molti bambini al seguito delle famiglie. Nella notte del 18 gennaio, però, il presidente conservatore Alejandro Giammattei ha ordinato il dietrofront: gli agenti hanno dunque cercato di bloccare l’ondata migratoria, intervenendo con gas lacrimogeni e sfollagente. Almeno in 3.000 sarebbero comunque riusciti ad avanzare, mentre in altri casi la folla avrebbe desistito, decidendo di tornare indietro con gli autobus messi a disposizione dal governo guatemalteco e dal Messico, che ha schierato 500 agenti lungo il proprio confine. Le autorità parlano di 1.383 rimpatri, e tra essi, secondo il Guatemalan Migration Institute, vi sarebbero 192 bambini.

Migranti honduregni arrivano alla frontiera guatemalteca di El Florido (EPA/JOSE VALLE)

In fuga – I migranti avevano lasciato nei giorni scorsi la città honduregna di San Pedro Sula, a circa 250 chilometri dalla capitale Tegucigalpa. Da lì era iniziato il loro viaggio della speranza, rigorosamente a piedi, nel tentativo di raggiungere la “terra promessa”, quegli Stati Uniti che l’imminente insediamento dell’amministrazione Biden potrebbe rendere più malleabili sul fronte della rigida politica anti – immigrazione. Tuttavia proprio il presidente eletto americano, che giurerà il prossimo 20 gennaio, ha lanciato un appello ai migranti affinché «tornino indietro e non intraprendano il viaggio», preannunciando respingimenti alla frontiera: «Le politiche sull’immigrazione cambieranno – ha affermato il presidente in pectore – ma non certo “dall’oggi al domani”». Anche il direttore generale dell’Ufficio migrazioni guatemalteco, Guillermo Diaz, ha annunciato all’emittente nazionale TN23 un inasprimento dei controlli: «E’ una questione di sicurezza nazionale: il sistema di polizia sarà rafforzato. Abbiamo allertato più di 5.000 soldati in sette dipartimenti del Paese, e un nuovo ingresso illegale non accadrà mai più». A preoccupare il Guatemala anche la possibile importazione del contagio da Covid – 19, con 21 dei migranti bloccati che sarebbero risultati positivi al tampone.

Un paese devastato – Non è la prima volta che i migranti honduregni intraprendono a piedi il cammino che dovrebbe portarli oltreconfine. E probabilmente non sarà l’ultima: solo negli ultimi due anni ben dodici di queste “carovane” hanno cercato di raggiungere il confine tra Messico e Stati Uniti, quasi sempre senza fortuna. L’esodo è motivato dalle terribili condizioni socio – economiche in cui versa il Paese centramericano, tra i fanalini di coda nella regione per quanto riguarda Prodotto interno lordo e Indice di sviluppo umano. «Non abbiamo lavoro, né cibo. Quindi ho deciso di partire», ha dichiarato a Afp una migrante ventitreenne. Fame, violenza, scarsità di servizi di base: sono solo alcuni dei problemi che affliggono l’Honduras, che a novembre è stato durissimamente colpito dagli uragani Eta e Iota. La città di San Pedro Sula, da cui è partita l’ondata migratoria, è statisticamente la più violenta al mondo, con un tasso di oltre 100 omicidi ogni 100.000 abitanti. Nonostante le numerose proteste – anche violente – degli ultimi tempi, il presidente conservatore Juan Orlando Hernandéz, sostenuto dagli Stati Uniti, è ancora il favorito per riconfermarsi in carica alle elezioni presidenziali in programma il prossimo novembre, a dodici anni dal golpe che nel 2009 lo ha issato al potere.