Nel primo pomeriggio di martedì 15 novembre due missili hanno colpito il suolo polacco, causando due morti. All’inizio si è pensato a un attacco russo: i Paesi dell’est Europa sono stati i primi a considerare l’accaduto una mossa di Mosca. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden dal G20 e la NATO hanno invocato la calma. Le indagini, ancora in corso, parlano di un incidente: i missili della contraerea ucraina avrebbero sbagliato rotta, non intercettando quelli russi, cadendo così su una fattoria polacca.

Per la Nato è un incidente – Nella mattina del 16 novembre la Nato e Varsavia hanno comunicato che i missili che hanno colpito il suolo polacco non erano russi ma ucraini e che appartenevano alla contraerea di Kiev. Un incidente, quindi: i vettori ucraini non avrebbero intercettato i missili russi e non si sarebbero autodistrutti, arrivando a colpire un villaggio causando due morti. Da Mosca si elogia la moderazione statunitense: «Apprezziamo la reazione contenuta da parte americana all’incidente accaduto in Polonia». Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha però voluto ribadire le colpe del Cremlino: «La Russia ha la responsabilità ultima, poiché continua la sua guerra illegale contro l’Ucraina». Sulla stessa linea la premier Meloni: «Missili sulla Polonia? La responsabilità di quanto è accaduto è comunque della Russia». Il presidente Zelensky crede ancora all’origine russa del missile. Le indagini sono in corso e Kiev chiede di poter partecipare.

I missili in Polonia – Ad essere colpito era stato il villaggio di Przewodòw, in Polonia, a circa 10 chilometri dal confine ucraino. Morti il magazziniere e il trattorista polacchi che lavoravano per l’azienda agricola Agrocom, di proprietà dell’italiano Federico Viola. Le immagini mostrano un cratere scavato dalle esplosioni con intorno i rottami delle macchine agricole. La Polonia aveva subito riunito il Comitato di Sicurezza e Difesa nazionale.

Le reazioni dei Paesi vicini – Gli Stati dell’est Europa avevano subito reagito con forza. Il vicepresidente della Lettonia, Artis Pabriks, aveva twittato: «il regime criminale russo non prende di mira solo i civili ucraini, ma anche il territorio della Nato». Il premier ceco Petr Fiala aveva sottolineato che «se confermato, sarebbe un’ulteriore escalation»; Viktor Orban, primo ministro ungherese, si era chiuso nel Consiglio di difesa. Subito netto il presidente Volodymyr Zelensky: «è accaduto quel che paventavamo da tempo: il conflitto si è allargato. La Russia deve essere sconfitta collettivamente». Il Cremlino aveva subito escluso il proprio coinvolgimento nell’attacco. Le accuse erano state definite dalla Russia delle provocazioni: «l’Occidente cerca la terza guerra mondiale».

Dal G20 appello alla prudenza – I leader riuniti al G20 di Bali avevano appreso la notizia del missile esploso in Polonia nella tarda notte. Il Presidente Joe Biden, in colloquio con il Pentagono, aveva moderato i toni per le indagini in corso: «Vogliamo capire cosa è successo esattamente». Nelle prime ore del mattino del 16 novembre, il presidente degli Stati Uniti aveva annunciato che i Paesi avevano deciso all’unanimità di aspettare l’esito delle indagini per poi capire come muoversi. Poi si era sbilanciato: «è improbabile che il missile caduto in Polonia sia partito dalla Russia. Questo è dovuto dall’analisi della traiettoria, ma vedremo». Anche il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, come riportava il Global Times, aveva chiesto agli omologhi e ai convitati di Bali di mantenere la calma. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva manifestato apprensione e preoccupazione per il caso polacco, prima di riunirsi con i capi di stato europei in un incontro di coordinamento.

Zelensky (Google/Creative Commons)

Zelensky (Google/Creative Commons)

Le opzioni sul tavolo – La Polonia fa parte dell’alleanza atlantica, la Nato, e in quanto tale avrebbe potuto appellarsi a due articoli inscritti nel patto firmato dai 30 paesi membri. L’articolo 4 e l’articolo 5 disciplinano quali siano i passaggi da affrontare nel caso in cui un membro venga attaccato da una forza esterna. L’articolo 4 può essere invocato se uno stato si sente minacciato, perciò viene indetta una consultazione tra le parti per decidere come comportarsi. Il caso più recente è quello dei Paesi dell’est Europa, che hanno chiesto l’applicazione dell’articolo lo scorso febbraio, in occasione dell’invasione russa dell’Ucraina. L’articolo 5 prevede, invece, una difesa comune e mutuale di tutti i firmatari se uno di essi viene attaccato direttamente da un altro stato. L’unica occasione in cui è stato applicato l’articolo 5 è stato in seguito all’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Gli alleati riconobbero che l’atto terroristico era un attacco a tutte le nazioni della Nato e così si unirono nella battaglia contro le organizzazioni terroristiche come Al-Qaida e iniziando la guerra in Afghanistan.