Questa volta, si è dovuta arrendere. Il cancro, contro cui lottava da tempo, si è dimostrato il nemico più ostico. Più forte di tutti quelli incontrati nel corso della sua carriera diplomatica. Prima donna a diventare Segretario di Stato degli Stati Uniti, durante il secondo mandato di Bill Clinton (1997-2001), Madeleine Albright è morta ieri, 23 marzo, all’età di 84 anni. «Uno dei migliori Segretari di Stato, un eccezionale ambasciatore delle Nazioni Unite, un brillante professore e un essere umano straordinario», ha dichiarato l’ex presidente statunitense. A dare la notizia della sua scomparsa sono stati i parenti: «Era circondata dalla famiglia e dagli amici», hanno scritto su Twitter.

Una vita iniziata in salita – Il suo nome, una miscela franco-americana, potrebbe ingannare i meno esperti. A dare i natali alla futura politica fu l’allora Cecoslovacchia. Marie Jana Korbelova nacque nel 1937 a Praga e, fin da quando era una neonata, dovette fare i conti con gli orrori del ‘900. Nel 1938 la famiglia di Korbelova scappò dalla Cecoslovacchia per sfuggire alle persecuzioni naziste degli ebrei. Trovarono rifugio a Londra e dopo un breve soggiorno tornarono in patria. Ma dovettero fare i conti con la Storia e le sue farse: dieci anni dopo, nel 1948, l’instaurazione del regime comunista li costrinse a emigrare negli Stati Uniti. Si stabilirono in Colorado, dove il padre, diplomatico, avrebbe insegnato relazioni internazionali all’Università di Denver.

Studio matto e disperatissimo – «Ho fatto di tutto per inserirmi, ma non potevo fare a meno di sapere che, ai nostri tempi, anche decisioni prese lontane potevano fare la differenza tra la vita e la morte», scrisse nel suo libro Il fascismo: un avvertimento. Una consapevolezza che si tradusse nell’impegno universitario: laurea in scienze politiche presso il Wellesley College nel Massachusetts, dottorato in diritto pubblico presso la Columbia University di New York e una breve parentesi – senza conseguire il titolo – alla Paul H. Nitze School of Advanced International Studies – SAIS – The Johns Hopkins University, Washington.

Sliding doors – Nel 1957 divenne cittadina americana. Ma bisogna aspettare il 1959 prima che Korbelova prenda il cognome noto all’opinione pubblica. In quell’anno sposò infatti il giornalista Joseph Medill Patterson Albright, da cui avrà tre figlie, prima di divorziare nel 1982. Il nome era già cambiato: Madla, Madlan e Madlenka, erano tanti i modi in cui veniva chiamata, ma solo il suo studio del francese la convinse che la versione migliore era Madeleine.

I primi passi – Nel 1977, Dopo una prima e infruttuosa esperienza al fianco del Edmund Muskie, Albright passò all’amministrazione Carter e cominciò a collaborare con Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del 39esimo presidente degli Stati Uniti. Cominciò a farsi conoscere nell’ambiente e la sua competenza sorprese molti. Perfino un futuro presidente. Nel 1988, nel corso della campagna elettorale del democratico Michael Dukakis, conobbe Bill Clinton. «Sono rimasto molto colpito dalla sua chiarezza e tenacia intellettuale e ho deciso di rimanere in contatto con lei», disse Clinton, ricordando quei momenti.

La carriera politica –  Una stima, quella dimostrata dall’allora deputato democratico, che il tempo non mise in discussione. A confermarlo fu la scelta di Clinton, in veste di nuovo presidente – il 42esimo -, di nominare Albright ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu nel 1992. Una decisione fatta in un momento storico decisivo: la fine della Guerra Fredda aveva sì decretato la fine di un mondo polarizzato, ma aveva posto le basi per un periodo di incertezza, durante il quale l’ultima superpotenza mondiale rimasta sul campo avrebbe dovuto capire quali passi pratici intraprendere in futuro. Dopo soli quattro anni da quella investitura, ne arrivò un’altra, ancora più importante da un punto di vista simbolico. Il 5 dicembre 1996, Clinton nominò Albright Segretario di Stato. Era la prima volta nella storia americana che una donna assumeva un simile incarico.

Un approccio particolare – Consapevole del periodo storico cruciale e del compito che le era stato assegnato, Albright interpretò il suo ruolo abbracciando una politica interventista. Considerava gli Stati Uniti «la nazione indispensabile» e, per tal motivo, scansò l’ipotesi isolazionista. Puntò sulla collaborazione con gli altri Paesi, fedele a quello che definiva «vigoroso multilateralismo». Ma non avrebbe mai messo in discussione la superiorità morale degli Stati Uniti e, con ciò, la loro missione nel mondo. Molti gli errori del suo operato, per sua stessa ammissione: come la rinuncia a intervenire in Ruanda nel 1994, teatro di un genocidio con più di un milione di vittime. Rifiuto per cui non optò quando scoppiò la guerra nel Balcani: in quella circostanza, dinanzi alla strage di Srebrenica, vinse gli scetticismi del Pentagono e diede inizio ai bombardamenti americani. Tanti i conflitti che la videro protagonista. Tante le questioni delicate che non poté e non volle evitare. Perfino al cospetto di quest’ultima, la guerra di Putin contro l’Ucraina, non riuscì a tirarsi indietro. Nel suo ultimo articolo, sulle colonne del New York Times, ha definito la mossa di Putin «un errore storico».