L’ultimo scatto dei paparazzi a Lady D: in primo piano l’autista e la guardia del corpo (foto Ap)

Il caso è chiuso. Ancora una volta. Scotland Yard non ha trovato “alcuna prova credibile o rilevante” per riaprire le indagini sulla morte di Lady Diana Spencer e del suo compagno, Dodi al-Fayed. La polizia britannica ha respinto la tesi, circolata quest’estate, che la morte della principessa del Galles fosse da collegare a un intervento delle forze speciali britanniche, le Sas.

Sono passati oltre sedici anni dal 31 agosto 1997, quando l’auto su cui viaggiava la coppia si schiantò nel tunnel de L’Alma a Parigi, nel tentativo di seminare i paparazzi. Dopo anni di esami, anche sulle numerose teorie del complotto sull’incidente, le indagini della polizia francese e britannica archiviarono il caso, riconducendo le cause della disgrazia allo stato di ebbrezza dell’autista Henri Paul, che morì nello scontro. Ad agosto 2013, quando la vicenda sembrava ormai chiusa, Scotland Yard ricevette del materiale sulla morte della Principessa da fonti militari.

Secondo il quotidiano britannico Daily Mirror, il primo a fornire l’indiscrezione, i nuovi elementi sarebbero emersi durante il secondo processo davanti ad una corte marziale del sergente Danny Nightingale. Le informazioni sono contenute in una lettera inviata al comandante del reggimento dai suoceri di un cecchino dell’unità, indicato solo come “soldato N.”. Quest’ultimo era un ex coinquilino del sergente Nightingale e nel testo vantava che le Sas “erano dietro la morte della principessa Diana”.

Silvia Morosi