Fethullah Gulen, predicatore islamico turco, è morto nella notte tra il 20 e il 21 ottobre in Pennsylvania, dove viveva in autoesilio dal 1999. Aveva 83 anni ed era ricoverato da tempo. L’imam è considerato dal governo turco come la mente dietro il tentato colpo di stato del 15 luglio 2016. Fondatore del movimento turco Hizmet (che significa “servizio”) ed ex alleato del premier turco Erdogan, le tensioni con il primo ministro turco e il regime militare hanno reso la sua figura sempre più controversa, tanto da portarlo ad abbandonare il Paese.
Il movimento Hizmet – La rete informale creata da Gulen professa un islam moderato, favorevole alla scienza e alla cooperazione religiosa. Il dialogo interreligioso è un cavallo di battaglia del pensatore turco, frequentatore di vari leader religiosi tra cui papa Giovanni XXIII nel 1998. Hizmet ha avuto un’importante rilevanza politica: si stima che numerosi suoi seguaci abbiano avuto ruoli apicali nella società turca. Un altro strumento che Gulen utilizzava per diffondere il suo messaggio era il quotidiano turco Zaman, il più diffuso fino al 2016 prima del suo commissariamento voluto dal governo. Il legame del pensatore con il leader turco si è progressivamente incrinato fino a che nel 2013, magistrati accusati di essere pro-Hizmet avevano messo alla luce il sistema clientelare turco. Proprio per questo motivo, l’ex alleato del presidente si è visto comminare un mandato di arresto nel 2014 mai eseguito vista che l’imam aveva già abbandonato il Paese. Per anni la Turchia ha cercato di processarlo ma gli Stati Uniti hanno sempre impedito l’estradizione.
Il Golpe – Le accuse verso Gulen si accentuano nel 2016, subito dopo il tentativo (fallito) di un colpo di stato da parte delle Forze Armate turche. Dopo l’umiliazione subita, la repressione del presidente Erdogan è stata durissima: si stima che siano stati uccise 250 persone e processati più di 312 mila funzionari. Tra loro, moltissimi appartenevano al movimento Hizmet. Rete che è stata poi smantellata e considerata un’entità terroristica. Il primo ministro l’ha definita “il cancro della società”. Non ci sono reali prove che testimonino il legame tra il colpo di stato e Gulen anche se per molti analisti e sostenitori del governo la mente fu proprio lui. L’imam aveva commentato dalla sua dimora in Pennsylvania dicendo: “Avendo subito molteplici colpi di stato militari negli ultimi cinque decenni, è particolarmente offensivo essere accusato di avere un qualsiasi legame con un simile tentativo”. Per Gulen invece il movente fu la necessità del governo di innalzare la repressione: da lì l’esigenza di un falso colpo di stato, utile per attivare la macchina repressiva.