Maltrattamenti, abusi e violenze in costante aumento. Una situazione insostenibile per Medici Senza Frontiere che ha deciso di sospendere le attività in due centri di detenzione di migranti e rifugiati a Tripoli. «Non è una decisione facile da prendere perché significa che non saremo presenti lì dove sappiamo che le persone soffrono quotidianamente», ha affermato Beatrice Lau, la Capomissione Msf in Libia.
La decisione – Ci sono stati tre casi di violenza con danni fisici e psicologici in una sola settimana. Il 13 giugno sono state utilizzate armi automatiche nel centro di Abu Salim, con vittime e feriti. Nella notte del 16 giugno l’équipe di Msf ha curato 19 persone con fratture, ferite da taglio, abrasioni e traumi a seguito di pestaggio. Un minorenne non può più camminare a causa delle ferite alle caviglie. Il giorno seguente diverse persone detenute hanno subito violenze prima di accedere alle visite degli operatori sanitari dell’organizzazione. «I continui e violenti incidenti che causano gravi danni a migranti e rifugiati, nonché il rischio per la sicurezza del nostro personale, hanno raggiunto un livello che non siamo più in grado di accettare – ha comunicato Lau nella nota – Fino a quando la violenza non cesserà e le condizioni non miglioreranno, Msf non potrà più fornire assistenza medico-umanitaria in queste strutture».
L’attenzione internazionale – Già lo scorso marzo, le Nazioni Unite avevano espresso preoccupazioni per le condizioni e i soprusi che le migliaia di detenuti sono costrette a subire da parte degli addetti alla sicurezza. L’Onu si era concentrata non solo sul centro di Triq al-Sika, ma anche sulle strutture di al-Mabani e Abu Salim, abbandonate da Msf. Ma l’attenzione è rivolta anche alle politiche dell’Unione Europea: per le Nazioni Unite, Bruxelles avrebbe sfruttato le attività di sorveglianza della Guardia costiera libica per bloccare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle strutture libiche. Dello stesso parere è Ellen van der Velden, responsabile delle operazioni di Medici Senza Frontiere in Libia: «Nessuna persona intercettata in mare dalla Guardia costiera libica, finanziata dall’Ue, dovrebbe essere costretta a tornare nei centri di detenzione in Libia. Si deve porre fine alla violenza e procedere con l’evacuazione di tutte le persone costrette a vivere in condizioni disumane».
Cinque anni di aiuti – Medici Senza Frontiere è presente sul territorio libico dal 2016. Solo nella prima metà del 2021 gli operatori dell’organizzazione a Tripoli hanno fornito assistenza medica a 8.920 persone, condotto 9.248 visite mediche e organizzato il trasferimento di 405 pazienti verso gli ospedali della città. Ma nello stesso periodo sono aumentati i casi di violenza, di pari passo con l’incremento del numero di migranti. Solo negli ultimi cinque giorni, sono state intercettate e costrette a ritornare in Libia oltre 14mila persone. Un numero che supera il totale dell’intero 2020.