Quando nel 1979 furono firmati gli accordi di Lancaster House a Londra, che rendevano indipendente la colonia britannica della Rhodesia, Robert Mugabe era seduto al tavolo delle trattative e al suo rientro fu accolto come un eroe. Oggi, dopo 37 anni di potere, repressione e brogli elettorali, in mezzo a una crisi economca galoppante, Robert Mugabe non vuole lasciare la guida dello Zimbabwe e annuncia che si ricandiderà alle elezioni del 2018.

L’intervista – L’annuncio è in un’intervista che verrà trasmessa martedì 21 febbraio dalla tv nazionale dello Zimbabwe, in occasione del 93esimo compleanno del vecchio leader. In video, il presidente Mugabe ripete di volersi ricandidare per le elezioni del 2018, tesse le lodi di sua moglie Grace e afferma che sono il suo partito (lo Zanu-Fp) e il popolo ad avergli chiesto di rimanere al potere. Mugabe dipinge un paese in cui non vi è opposizione interna e in cui l’economia sta migliorando. Eppure, nonostante la violenza delle forze armate, più di una volta nella storia recente gli zimbabwesi sono scesi nelle strade per protestare contro il presidente-dittatore.


Sir Mugabe
Robert Mugabe ha combattuto per l’indipendenza del suo paese, manifestando contro la presenza coloniale degli inglesi e militando nella guerriglia armata. Ha scontato una condanna di dieci anni per le sue idee sovversive, firmando poi gli accordi che ridavano alla maggioranza nera del Paese la sovranità dei propri confini. Primo ministro fino al 31 dicembre 1987, quando la carica fu abolita e fu eletto presidente per la prima volta. Questo accadeva nella prima metà della sua lunga presenza ai vertici del potere, che culminò con la nomina a cavaliere di Gran croce ricevuta dalle mani della regina Elisabetta II nel 1994.

Mugabe, 1982Accentramento di potere Le elezioni degli anni ’90 lo riconfermarono, ma i risultati furono contestati dalle opposizioni che denunciavano brogli. In quelle occasioni Mugabe dimostrò di non essere disposto ad accettare il dissenso, ordinando una dura repressione. Nel 2000 fece approvare una riforma agraria che espropriava la minoranza bianca delle proprie aziende, redistribuendole ai proprietari neri. La riforma violava gli accordi con il regno Unito, che avevano concesso l’indipendenza purché fossero garantiti i diritti sulla terra della minoranza bianca. Il repentino cambio di proprietà provocò una crisi agricola su larga scala, un crollo della produzione alimentare che costrinse lo Zimbabwe a dipendere dagli aiuti umanitari. Le proteste della popolazione si inasprirono, e così fece la repressione. Per poter partecipare alle presidenziali, nel 2007 abolì il limite ai quattro mandati e l’anno successivo vinse le contestatissime elezioni. Nelle successive votazioni nel 2013, anche l’Unione europea e gli Stati uniti denunciarono i brogli. Siccità, inflazione alle stelle (che hanno costretto il governo a mettere fuori corso la propria valuta e sostituirla con il dollaro americano), estrema povertà e fame hanno coalizzato una forte opposizione contro Mugabe. Ormai il presidente riesce a mantenere il controllo solo con l’appoggio delle forze armate, nonostante la crisi economica abbia provocato una dilazione nel pagamento dei loro stipendi.