Un nuovo anglicismo si è fatto strada nel dibattito pubblico degli ultimi mesi: endorsement. Un concetto con cui il cittadino italiano ha poca familiarità, ma che orienta in maniera (forse) preponderante le elezioni americane. Si tratta dell’appoggio politico (e/o finanziario) di privati cittadini influenti nei confronti delle campagne elettorali dei candidati. Nelle elezioni 2024 questo fenomeno potrebbe essere più decisivo che mai per la convinta esposizione dell’uomo più ricco del mondo: Elon Musk. Secondo i dati raccolti dal Financial Times, il proprietario di Tesla risulta aver donato alla campagna di Donald Trump più di 118 milioni fino alla metà di ottobre. Trump è sostenuto dalla maggioranza dei ricchi imprenditori americani e ha raccolto 568 milioni di dollari complessivi contro i “soli” 127 destinati a Kamala Harris.

L’appoggio – Secondo il Washington Post, nessun miliardario americano ha mai giocato con la politica come sta facendo Musk. L’imprenditore ha scelto di sfidare il Dipartimento di Giustizia con iniziative come i 47 dollari erogati per ogni firma pro Trump negli stati chiave. In più, a una settimana dal voto, ha suscitato critiche la lotteria da un milione di euro che un firmatario al giorno avrebbe vinto. Lotteria, poi definita incostituzionale,  che ha già destato l’interesse della procura di Philadelphia. A tutte queste iniziative al limite del legale, si deve aggiungere l’enorme influenza di X, l’ex Twitter acquistato dallo stesso Musk il 27 ottobre 2022, sull’opinione pubblica statunitense. Ciò nonostante, Musk resta indipendente dalla campagna di Trump pur partecipando ai suoi comizi, tra cui quello particolarmente controverso tenuto al Madison Square Garden.

Vantaggi – I rapporti tra Trump e Musk non sono stati sempre così idilliaci: i due sono stati protagonisti di forti scontri verbali e nelle elezioni del 2016 l’imprenditore si era schierato con i democratici. Otto anni dopo, Musk ha creato America Pac, organizzazione che ha l’obiettivo di convincere gli elettori indecisi degli stati decisivi a votare Trump. In ballo ci sono contratti federali per miliardi di dollari con Space X, la sua società spaziale, l’utilizzo dei suoi satelliti Starlink per scopi scientifici e nei conflitti mondiali, forse un ruolo nell’amministrazione repubblicana. Tutto ciò potrebbe venir meno se dovessero vincere i democratici, infastiditi per il ruolo attivo di Musk nelle elezioni. Durante un’intervista su X, l’imprenditore ha dichiarato: “Se Trump perde, sono fottuto. Quanti anni di carcere pensi mi daranno? Vedrò i miei figli? Non lo so”.

Altri endorsement – Come già accennato, Musk non è l’unico grande imprenditore che sostiene Trump. Tra gli altri ci sono Peter Thiel e David Sacks, fondatori del servizio di pagamento online Paypal, Ben Horovitz e Marc Andreessen, proprietari del fondo Andreessen Horowitz, specializzato in investimenti in startup sull’intelligenza artificiale. Questi ultimi temono un’eccessiva regolamentazione dell’IA da parte di un’amministrazione democratica. E ancora, Stephen Schwarzman, Ceo di Blackstone Groups, Jan Koum, co-fondatore di Whatsapp e Woody Johnson IV, co-fondatore di Johnson & Johnson. Una volta in più il faro della democrazia Usa potrebbe spegnersi per agevolare il predominio dei trafficanti di dollari.