Manifestanti armeni in protesta nella capitale. Credit: Stepan Poghosyan/ Photolure

Dopo l’ennesimo riaccendersi degli scontri, Azerbaijan e Armenia firmano una tregua per mettere fine al conflitto che per più di sei settimane ha coinvolto la repubblica del Nagorno Karabakh. I vincitori sono tre: gli azeri sul piano militare e Russia e Turchia che si confermano leader nella zona caucasica. Nel totale disinteresse di Europa e Stati uniti d’America, stretti tra Covid19 ed elezioni presidenziali, Putin, secondo gli osservatori, ha colto il momento giusto per rafforzare il suo potere in una regione da sempre rilevante per gli interessi di Mosca. Ma gli armeni in rivolta e parlano senza mezzi termini di resa indegna.

Indipendenza contrastata – Nagorno Karabakh, abitato in prevalenza da armeni, è il nome di un territorio del Caucaso meridionale conteso da più trent’anni tra l’Armenia e l’Azerbaijan, due ex repubbliche sovietche divenute indipendente dopo il crollo dell’Urss. In epoca sovietica il Nagorno Karabakh ha ricevuto il riconoscimento di regione autonoma, dichiarando la propria indipendenza dall’Azerbaijan nel 1991 con il nome di Repubblica dell’Artsakh. Ma la sua indipendenzanon è mai stata riconosciuta a livello internazionale. L’accordo di pace raggiunto tra i due paesi nel 1994 non è stato in grado di evitare, nel corso degli anni, una serie di violazioni del cessate il fuoco da parte di entrambi gli Stati.

L’accordo – La tregua  è entrata in vigore alle 22.00 italiane di lunedì 9 novembre e prevede innanzitutto che l’Azerbaijan possa mantenere le aree conquistate dall’inizio degli scontri delle ultime settimane. Allo stesso tempo l’Armenia dovrà cedere sette delle aree occupate ventisette anni fa, così come le regioni di Agdam e di Kazak e l’area di Kalbajar. L’intesa comprende anche la restituzione reciproca di prigionieri e dei morti durante l’ultimo conflitto.

Rabbia armena – Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha parlato di «scelta dolorosa» ma necessaria, facendo infuriare il suo popolo. Per gli armeni questa pace ha tutto il sapore di una resa. Sotto assedio il Parlamento con il suo presidente Ararat Mirzanyan, raggiunto dai manifestanti inferociti mentre cercava di fuggire. La polizia è intervenuta arrestando diverse persone.

Russia e Turchia. Da sempre rivali, Russia e Turchia sono le potenze che in questo caso hanno favorito il processo di pace. Mosca giocherà un ruolo centrale nel mantenimento della tregua con l’invio di peacekeepers che pattuglieranno il corridoio di Lachin, la strada principale che dal Nagorno-Karabakh conduce in Armenia. Ankara dal canto suo ha sostenuto militarmente l’esercito azero anche con l’invio di droni, fondamentali per ottenere il vantaggio sull’Armenia. Nonostante Erdogan non sia firmatario dell’accordo, è considerato un vincitore: la tregua militare gli assicura il petrolio e gli investimenti che l’Azerbaijan fornisce alla traballante economia turca.