Alexey Navalny è stato trasferito. Dopo la denuncia dei familiari e del medico personale sul suo stato di salute, il dissidente russo è stato spostato dal carcere di Prokov alla struttura ospedaliera IK-3 della regione di Vladimir. Le autorità russe negano complicazioni: «le sue condizioni sono soddisfacenti», ma il suo staff protesta: «É sempre una colonia di tortura, solo con un grande ospedale»

L’attivista russo, imprigionato dal primo febbraio, avrebbe già perso quindici chili. Dopo che gli è stata negata la possibilità di essere visitato in cella dal suo medico di fiducia, Anastasija Vasilyeva, il più noto tra gli oppositori di Vladimir Putin ha iniziato a fine marzo uno sciopero della fame che ora metterebbe a rischio la sua vita.

La detenzione – Secondo Vasilyeva «è ormai questione di giorni, se non di ore prima della morte», tanto sono drammatiche le condizioni del 44enne. Navalny, denuncia la dottoressa, rischia un arresto cardiaco e soffre di gravi problemi di insufficienza renale, «forse dovuti all’avvelenamento» dello scorso agosto da cui il dissidente si salvò per miracolo. L’ultima a fargli visita nel carcere di Pokrov, un centinaio di chilometri a est di Mosca, era stata la moglie Julija, che aveva denunciato le pessime condizioni di detenzione e la scarsità dei farmaci che servono a Navalny per alleviare i dolori causati da una doppia ernia. A tutto ciò si aggiungono «uno scarso regime alimentare, la privazione del sonno e lo stress», continua Vasilyeva.

Appelli e denunce – I primi a raccogliere l’allarme lanciato dalle persone più vicine a Navalny sono stati settanta tra scrittori – tra cui i premi Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, Herta Müller, Louise Glück, J. M. Coetzee e Svetlana Aleksievich – giornalisti e docenti, che hanno firmato un appello rivolto al presidente russo Putin chiedendo «di assicurare a Navalny il trattamento e le cure mediche immediate di cui ha urgente bisogno, e di cui ha diritto, secondo la legge russa». Ma a muoversi sono stati anche i rappresentati dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Il presidente Usa Joe Biden ha definito «ingiuste e inappropriate» le condizioni dell’oppositore del Cremlino, mentre l’alto rappresentante Ue Josep Borrell, a margine del Consiglio dei ministri degli Esteri europei, ha accusato le autorità russe per la situazione «molto preoccupante». Dall’Eliseo, Emmanuel Macron ha sottolineato la necessità di «tracciare delle linee rosse che Mosca non può oltrepassare». Nelle stesse ore, i collaboratori di Navalny hanno annunciato l’organizzazione della «più grande manifestazione di protesta della storia della Russia moderna» per il 21 aprile, giorno in cui Putin tiene tradizionalmente un discorso annuale all’Assemblea federale, il parlamento russo. In poche ore sono state raggiunte oltre 400mila adesioni.

Contrasti crescenti – La risposta ufficiale del Cremlino è giunta attraverso le parole dell’ambasciatore presso il Regno Unito Andrej Kelin. Intervistato dalla Bbc, Kelin ha ribaltato le accuse sul detenuto – «nessun altro in quel carcere si lamenta come lui» – ma ha comunque assicurato che Navalny non morirà in carcere. La vicenda dell’oppositore, ricoverato in agosto dopo un presunto avvelenamento e arrestato in gennaio al rientro a Mosca, è solo una delle cause di tensione internazionale in cui la Russia è stata coinvolta nei primi mesi del 2021. Prima l’aggravarsi della crisi nel Donbass, poi il 31 marzo, due funzionari del Cremlino sono stati espulsi dall’Italia dopo l’arresto del capitano della Marina militare Walter Biot, accusato di spionaggio per aver ceduto loro documenti riservati in cambio di denaro. Nelle stesse ore la Repubblica Ceca ha annunciato l’espulsione di diciotto diplomatici russi: le autorità di Praga li accusano di aver collaborato con Aleksandr Mishkin e Anatolij Chepiga, due agenti dei servizi segreti militari russi ritenuti responsabili di un’esplosione che nel 2014 rase al suolo un deposito di armi vicino a Ostrava. I due, secondo il governo britannico, nel 2018 avrebbero avvelenato a Salisbury il doppiogiochista Serghej Skripal e della figlia Julia.