Le immagini dell’attacco al cuore pulsante della democrazia statunitense sferrato il 6 gennaio dai manifestanti trumpiani che hanno fatto irruzione all’interno di Capitol Hill hanno sconvolto gli spettatori di tutto il mondo. La violazione della sacralità delle istituzioni parlamentari rappresenta un caso raro: negli ultimi tempi episodi simili si sono verificati in Moldavia e in Guatemala, ma mai (o quasi) nelle democrazie occidentali. Il Parlamento rimase immacolato persino nell’Italia degli anni di piombo, che pure conobbe una robusta tradizione di tentativi di colpi di stato, da quello del generale De Lorenzo a quello semi-farsesco di Junio Valerio Borghese, sarcasticamente rievocato da Mario Monicelli e Ugo Tognazzi in “Vogliamo i colonnelli”. Financo Adolf Hitler si tenne alla larga dall’aula del Reichstag e scelse una birreria per il suo putsch, poi fallito, del 1923. A chi è più in là con gli anni, tuttavia, le immagini della notte americana potrebbero aver rievocato un antico episodio che rischiò di sconvolgere gli equilibri del continente europeo: quando il 23 febbraio 1981 il colonnello spagnolo della Guardia Civil Antonio Tejero fece irruzione armi in pugno nel Congresso dei deputati, seminando il panico. Sarebbe passato alla storia come il “23 – F”, il tentato golpe che rischiò di far ripiombare il Paese iberico nell’incubo della dittatura franchista da cui era appena uscito.

Tra restaurazione e rinnovamento – Quella dei primi anni Ottanta era una Spagna ancora alle prese con una delicata transizione democratica avviatasi a metà del decennio precedente. Il 20 novembre del 1975 il Generalissimo Francisco Franco era morto dopo 36 anni vissuti da incontrastato Caudillo, e il Paese, che fino a quel momento aveva rappresentato la più longeva dittatura del Vecchio Continente, si trovava in bilico tra restaurazione e rinnovamento. Il giovane Re Juan Carlos di Borbone (designato proprio da Franco come suo successore) aveva deciso di rompere i legami con il proprio padrino politico, ponendosi l’obiettivo di traghettare una nazione ossificata da decenni di dittatura entro i confini di una monarchia costituzionale. La situazione, tuttavia, era difficile: al malcontento di alcune frange reazionarie dell’esercito si aggiungevano una grave crisi economica, la piaga del terrorismo e la questione delle autonomie basche e catalana. Il Patto della Moncloa del 1977, versione iberica del “compromesso storico” italiano, aveva avvicinato cattolici e socialisti per ricostruire il tessuto socio economico del Paese, mentre una nuova Costituzione era stata promulgata nel 1978, al fine di debellare definitivamente il corporativismo franchista.

Spari in Parlamento – Madrid, 23 febbraio 1981. Il Congresso dei Deputati stava votando la fiducia al nuovo governo di Leopoldo Calvo Sotelo, dopo le dimissioni della settimana precedente del premier Adolfo Suarez.  Passate da poco le sei mezza del pomeriggio, un urlo sconvolse la quiete delle votazioni: «¡Quieto todo el mundo! ¡Todos al suelo!», («Che nessuno si muova! Tutti a terra!») La voce che risuonava nell’emiciclo era quella di Antonio Tejero, colonnello della Guardia Civill, che insieme a oltre 150 militari aveva fatto irruzione in aula. Vennero esplosi in aria diversi colpi d’arma da fuoco, e i parlamentari si rannicchiarono sotto i loro scranni. Solo l’ex primo ministro Adolfo Suarez e il segretario del partito comunista Santiago Carrillo rimasero ai loro posti. Il colpo di stato era cominciato. Il generale Gutiérrez Mellado, ministro della Difesa, ordinò ai golpisti di gettare le armi, ma venne aggredito dai militari.

Il golpe mancato – I deputati furono tenuti in ostaggio per tutta la notte, mentre all’esterno altri golpisti cercarono di portare avanti la rivolta. A Valencia il capitano generale della Terza regione militare Jaime Milans del Bosch, che portò per strada i suoi carri armati, dichiarò lo stato d’emergenza e provò a convincere gli altri militari ad assecondare l’operazione.  La Spagna seguì in diretta gli avvenimenti all’interno del Congresso grazie alle notizie trasmesse dalla TVE. A mezzanotte il generale Alfonso Armada cercò di convincere Tejero a desistere, ricevendo una risposta negativa. Decisivo fu allora l’intervento di Re Juan Carlos: all’una di notte il sovrano comparve in televisione vestito con la divisa di comandante in capo delle Forze Armate, come aveva fatto Charles de Gaulle per sventare il colpo di stato dei generali di Algeri del 1961. Il Re si schierò contro i golpisti, difendendo la Costituzione spagnola. L’autorità del sovrano non poteva essere messa in discussione da Tejero, dal momento che essa traeva legittimazione proprio dall’investitura di Franco. Il golpe era fallito, e la democrazia spagnola salva. In seguito Tejero fu arrestato e condannato a 30 anni di reclusione, e di irruzioni in Parlamento non si sarebbe più sentito parlare, in Spagna come altrove. Fino al 6 dicembre 2021 e alla notte di Capitol Hill.