Il diritto internazionale prevede che coloro su cui pende un mandato di cattura per crimini contro l’umanità non possono viaggiare indisturbati nei Paesi che hanno aderito alla Corte Penale Internazionale. E invece pur di ospitare Benjamin Netanyahu, l’Ungheria annuncia l’uscita dall’accordo. Il premier israeliano è atterrato nella notte tra il 2 e il 3 aprile a Budapest, accolto all’aeroporto dal ministro della Difesa ungherese Kristof Szalay-Bobrovniczky, e sarà libero di partecipare a visite istituzionali, colloqui, conferenze stampa. Come se la Cpi non avesse mai emesso alcuna sentenza.
Sentenze – Il 21 novembre 2024 la Corte Penale Internazionale aveva emesso un mandato di cattura contro il primo ministro di Israele Netanyahu e il suo ministro della difesa Yoav Gallant per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023. I due sono ritenuti responsabili di dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile, di affamarla come metodo di guerra, di «omicidio, persecuzione e altri atti inumani dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024», come recita la sentenza.
Firmatari – I paesi che riconoscono la Cpi sono 123: tra questi non ci sono Stati Uniti e Israele, ma ci sono tutti i 27 membri dell’Unione europea. Membri che dovrebbero attenersi alle decisioni della Corte e invece le mettono in dubbio se sono in contrasto con presunti interessi nazionali. Nel caso specifico, oltre a Viktor Orbàn, anche il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il ministro degli esteri Antonio Tajani hanno più volte contestato la sentenza della corte dichiarando che non eseguirebbero il mandato d’arresto. Il 30 marzo il presidente greco Kyriakos Mitsotakis ha addirittura incontrato Netanyahu a Gerusalemme. Nessuno dei 27 ha tagliato i rapporti con il premier israeliano, a differenza di quanto accaduto nel caso di Vladimir Putin, su cui pende lo stesso mandato d’arresto per i crimini commessi nella guerra in Ucraina.
I «fratelli spirituali» – Oltre a essere alleati, Orbàn e Netanyahu sono legati da una stretta amicizia personale, tanto che i media ungheresi li hanno definiti «fratelli spirituali». La Cpi ha sottolineato che l’Ungheria ha «l’obbligo giuridico e la responsabilità nei confronti degli altri stati» di far rispettare le decisioni della corte stessa. «Tuttavia – aggiunge – non siamo a conoscenza di alcuna notifica formale sul ritiro. Se così fosse ci rammaricheremmo profondamente». La delegittimazione del diritto internazionale è compiuta grazie alle visite di un criminale di guerra – come sostiene la Cpi – trattato da grande statista. Chissà se il tour europeo si arricchirà di nuove date, magari accettando l’invito formale che il cancelliere tedesco Merz ha rivolto a Netanyahu poiché è «completamente assurda l’idea che un primo ministro israeliano non possa visitare la Germania».