incontro Usa-Iran a Losanna

John Kerry (sinistra) e Mohammad Javad Zarif (destra) prima degli incontri bilaterali iniziati il 26 marzo a Losanna.

Le lancette del Doomsday Clock – “l’orologio” che misura il grado delle minacce al pianeta – corrono e il tempo per raggiungere un accordo fra Iran e i rappresentanti del 5+1 (Usa, Cina, Francia, Russia, Gran Bretagna e Germania) sul nucleare sta scadendo. A Losanna i capi della diplomazia internazionale hanno tempo fino alla mezzanotte del 31 marzo per concludere la trattativa che prosegue da giovedì 26 e che finora ha messo di fronte il segretario di stato John Kerry e il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif.

I colloqui plenari iniziati lunedì 30, però, anche in caso di successo porteranno solo ad un accordo preliminare, in attesa della ratifica prevista per giugno. Ne è convinto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov che, prima di annunciare la sua presenza all’ultima giornata dell’incontro, era tornato in Russia. A portare avanti le trattative è arrivata anche Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera dell’Ue. La bozza dell’accordo prevede una parziale rinuncia dell’Iran al proprio programma nucleare a fronte di una riduzione delle sanzioni internazionali.

mappa-impianti-nucleari-iranianiNel dettaglio, i punti su cui dibattono i rappresentanti internazionali sono essenzialmente tre: il trasferimento all’estero (probabilmente in Russia) delle scorte di uranio arricchito, la riduzione per dieci anni del numero delle centrifughe utilizzate per l’arricchimento dell’uranio (da 10mila a 6mila) e l’assenso iraniano ai controlli e costanti da parte degli ispettori internazionali agli impianti (tra cui quello fortificato di Fordow).

Diverse le attese, e le reazioni. Se da un lato Kerry afferma «non ipotizzo un fallimento», dall’altro il ministro degli Esteri cinese Wang Li ha espresso più cautela: «Speriamo che possa essere raggiunto un accordo. E’ il desiderio di tutti, ma per questo ognuno deve contribuire». Prima dei colloqui plenari, però, è toccato al neo-eletto premier israeliano Benjamin Nethanyau guidare l’inconsueto fronte degli oppositori assieme all’Arabia Saudita. «Il possibile accordo di Losanna – afferma il premier israeliano – manda un messaggio che non c’è un prezzo da pagare per l’aggressione. Al contrario, l’Iran guadagna un premio per la sua aggressione». Per l’Arabia Saudita, invece, il mantenimento dell’attività nucleare a Teheran rappresenterebbe una minaccia diretta in uno scacchiere – ben raccontato dalla rivista Limes – aggravato dagli scontri nello Yemen dove ayathollah e sauditi sostengono due fazioni contrapposte e ormai in guerra aperta.