Foto Ansa

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«Non siamo mai stati così vicini al raggiungimento di un accordo come oggi». Si è aperto così il discorso della commissaria Ue Ylva Johansson nella sessione pubblica del Consiglio dei ministri Giustizia e Affari interni in corso in Lussemburgo. Oggi, giovedì 8 giugno, i Paesi dell’Unione europea dovranno chiudere il Patto sulla migrazione e l’asilo, un testo in cantiere da settembre 2020 che ora sembra quasi scritto. In corso, gli ultimi confronti su ricollocamenti e contributi finanziari. Dopo il voto dei ministri dell’Interno dell’Unione, a maggioranza qualificata, alle 19 si terrà la conferenza stampa. Se il testo passasse, approderebbe in Parlamento europeo dove inizierebbe l’iter legislativo.

Il patto – Voluto dalla Commissione europea, il Nuovo patto sulla migrazione e sull’asilo aspira a proporre un quadro a lungo termine per gestire e normalizzare la migrazione. Due i fascicoli aperti, denominati responsabilità e solidarietà. La responsabilità riguarda vari livelli. Il primo interviene sulle procedure di controllo all’arrivo (identificazione, esami sanitari, verifiche di sicurezza, rilevamento delle impronte) e sullo snellimento delle procedure di protezione internazionale. In secondo luogo, si punta a migliorare la gestione delle frontiere nell’area Schengen, con l’intenzione dichiarata di limitare i migranti irregolari, facilitare i ricollocamenti, monitorare i rimpatri e «scoraggiare i movimenti non autorizzati verso altri Stati membri». Il principio della garanzia legale resta «indipendente», sostenuto da Agenzia per i diritti fondamentali, Frontex e Nuova agenzia dell’Ue per l’asilo. Nel fascicolo relativo alla solidarietà rientrano la ricollocazione dei migranti di approdo recente e i rimpatri.

L’iter – «All’inizio mancava la fiducia tra noi, il che ha creato tensioni e speculazioni sul tema dei migranti», ha apertamente  Johansson. La commissaria ha ringraziato in particolare Francia e Svezia per il ruolo giocato e ricorda quanto tra i membri Ue sia stato difficile costruire un dialogo. Tra i nodi ancora da sciogliere ci sono i ricollocamenti. Il meccanismo di solidarietà obbligatoria proposto prevede che per ogni mancato ricollocamento i Paesi di primo approdo ricevano 22mila euro. Il massimo raggiungibile sarebbe 30mila, mentre il numero di richieste d’asilo che ogni Paese può ricevere non può essere più di quattro volte superiore alla sua capacità di assorbimento. Su questi due punti, la Commissione dovrà negoziare soprattutto con i Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria). Lontana da un accordo sembra anche l’Italia. Intervenendo al summit di Lussemburgo, il ministro Matteo Piantedosi ha parlato del «fallimento» del principio di solidarietà europea nella redistribuzione dei migranti e ha chiesto di immaginare «ulteriori negoziati». La commissaria Johansson ha comunque detto che «l’Italia non sarà lasciata da sola».

Roma – Intanto in Italia è in corso l’incontro del cancelliere tedesco Olaf Scholz con Giorgia Meloni e Sergio Mattarella. La visita si inserisce nel «Piano d’azione» Italia-Germania che riguarda la politica fiscale e sarà siglato in autunno ed è stata anticipata dal viaggio della presidente del Consiglio a Berlino lo scorso maggio. Nel vertice economico sarà toccato con ogni probabilità anche il tema dei flussi migratori. Italia e Germania sono da anni in conflitto sui punti di primo arrivo. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Scholz ha ribadito che per Berlino la priorità restano i ricollocamenti: «la Germania è particolarmente colpita dall’immigrazione secondaria (…) abbiamo bisogno di una distribuzione solidale» ha detto. Il cancelliere ha ribadito la linea tedesca sulle domande di protezione: «Il mio governo è impegnato in una riforma del Sistema europeo comune d’asilo (…) con ulteriori sforzi al livello europeo per rendere più efficaci il controllo e la protezione delle frontiere esterne». Comunque, ha tenuto a rassicurare il cancelliere, «l’Italia non sarà lasciata da sola».