Ore drammatiche in Pakistan, dove, nella mattina del 21 marzo, è avvenuta una strage in un campo profughi della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, nel nord-ovest del Paese. Si contano dodici morti e almeno 36 feriti per via dell’esplosione di un’autobomba, proprio mentre si stavano distribuendo generi di prima necessità. Al momento, l’attentato non è stato rivendicato da nessun gruppo. I principali indiziati, i talebani pachistani del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP), che si oppongono al governo, hanno condannato la strage. Sono però loro i responsabili della maggior parte degli oltre 33mila attentati commessi in Pakistan negli ultimi dieci anni, per il tragico bilancio di 11.250 vittime.
Il punto preciso dove è avvenuto lo scoppio è il bazar Muhajir del campo profughi di Jalozai, nei pressi di Peshawar (141 chilometri a ovest della capitale Islamabad). È in questa zona che c’è una concentrazione altissima di profughi provenienti dall’Afghanistan: si stima che nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa, a pochi chilometri dal confine con il territorio posto sotto l’amministrazione di Kabul, siano presenti 1,7 milioni di rifugiati.
L’attentato è avvenuto proprio all’indomani dell’annuncio, dato dal presidente pachistano Asif Ali Zardari, di nuove elezioni politiche, fissate per l’11 maggio. Un evento storico per il Pakistan, perché, in 65 anni di storia, è la prima volta che un governo in carica, giunto al termine del mandato, indice libere elezioni. I due principali partiti sono il Ppp (Partito Popolare del Pakistan) dell’attuale presidente Ali Zardari, di stampo progressista, e la Pml-N (Lega Musulmana Pachistana), partito conservatore di ispirazione islamica. È un segnale preoccupante quello che viene dalla provincia del Khyber, che contribuisce a avvelenare il clima della vigilia delle elezioni.
I flussi di profughi sono cominciati nel 1979, con l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’esercito sovietico. Allora cominciarono le prime migrazioni di pashtun, la componente etnico-linguistica che poi sarebbe stata prevalente tra i talebani afghani. Le migrazioni più recenti sono dovute ai disordini dei distretti tribali al confine con l’Afghanistan, dove sono presenti gruppi di talebani collegati ad al-Qaeda. Negli ultimi anni, l’Onu ha promosso il rimpatrio volontario dei profughi. A migliaia, a seguito della disastrosa alluvione del settembre 2010, che ha spazzato via più di un campo profughi, sono tornati nel proprio Paese.
Francesco Paolo Giordano