Niente pena di morte per Ahmed Omar Saeed Sheikh, il principale imputato per il rapimento e l’omicidio del giornalista ebreo americano Daniel Pearl, nel 2002. Un tribunale pachistano ha cancellato la pena capitale, emessa in primo grado nel luglio dello stesso anno, sostenendo che l’imputato avrebbe dovuto essere condannato a sette anni di reclusione. Il militante islamico di origini britanniche, in carcere da 18 anni in attesa del pronunciamento in secondo grado, potrebbe essere rimesso in libertà. A questo riguardo il tribunale non si è ancora espresso.
L’assassinio di Daniel Pearl – Pearl, che aveva 38 anni, era corrispondente dall’Asia meridionale per il Wall Street Journal con base a Mumbai, in India. Attirato a Karachi, in Pakistan, con la promessa di un incontro con un religioso estremista molto influente, fu rapito il 23 gennaio del 2002 da un gruppo jihadista che si definiva National Movement for the Restoration of Pakistani Sovereignty. Nove giorni dopo venne decapitato. Il corpo smembrato venne ritrovato il 16 maggio. Un mese dopo il rapimento fu inviato un video dell’esecuzione al consolato americano di Karachi.
Un segnale agli Stati Uniti – L’assassinio venne interpretato con un avvertimento al governo pachistano e agli Stati Uniti. In quel periodo il Paese islamico era impegnato a fornire supporto logistico e sostegno a livello di intelligence a Washington nella lotta al regime talebano in Afghanistan e ai terroristi di Al-Qaeda guidati da Osama Bin Laden. Sheikh, che era legato proprio ad Al Qaeda e ad altre organizzazioni terroristiche, venne arrestato e condannato a morte da un tribunale antiterrorismo nel luglio 2002.
L’annullamento delle pene – A distanza di 18 anni, attesa dovuta alle ingerenze dei servizi pachistani nel caso, è arrivata la sentenza della Corte d’Appello di Karachi: la condanna di Sheikh alla pena capitale è stata commutata in sette anni di carcere, che a questo punto dovrebbero essere già stati scontati, come ha ricordato il suo avvocato difensore; prosciolti invece gli altri imputati, in precedenza condannati all’ergastolo come complici, anche se non sono chiare le tempistiche del rilascio.
L’intreccio con l’11 settembre – Sviluppi giudiziari che rendono ancora più torbido il caso Pearl, un assassinio che potrebbe essere addirittura intrecciato con gli attentati dell’11 settembre 2001. È quanto sostiene il Pearl Project, un’indagine sulla morte del giornalista condotta da Asra Nomani, ex collega di Pearl al Wall Street Journal e docente all’Università di Georgetown. Nel report, pubblicato a gennaio 2011, si afferma che il responsabile della morte del reporter non sarebbe Ahmed Sheikh, bensì Khalid Sheikh Mohammed, la mente dietro l’attacco alle Torri Gemelle, catturato in Pakistan nel 2003. La conferma sarebbe arrivata dallo stesso Mohammed – noto come KSM – durante un colloquio con uno psicologo all’interno del carcere di Guantanamo, dove si trova dal 2006.