Papa Francesco incontra i giovani allo Stadio dei Martiri di Kinshasa (Foto Ansa)

«Sì all’onestà e no alla corruzione». È a questi valori che il Papa esorta i giovani congolesi. Li ha incontrati a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, in cui si trova per un viaggio istituzionale di cinque giorni iniziato il primo febbraio e che lo porterà anche in Sud Sudan. Parla con le nuove generazioni dopo aver raccolto nella giornata di ieri le testimonianze, durissime, di persone vittime di violenza e sfruttamento. Nel secondo giorno, il Pontefice avrà un colloquio con il primo ministro congolese Jean-Michel Sama Lukon. È previsto anche un confronto con le Chiese locali e i sacerdoti della Compagnia di Gesù.

L’appello ai giovani – Parlando anche in lingua francese, il Papa ha esortato i ragazzi a non cedere «a sporcizia e corruzione». Francesco ha portato l’esempio di Floribert Bwana Chui, doganiere congolese morto a 26 anni per essersi opposto al transito di alimenti andati a male, che avrebbero compromesso la salute della popolazione. Ucciso alla frontiera tra Congo e Rwanda nel 2007, Bwana Chui è presentato da Bergoglio come il modello di una lotta alla corruzione con cui il singolo può trainare in positivo un Paese. «Poteva lasciare andare», dice Papa Francesco ricordando il doganiere, «Non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato, ma in quanto cristiano pensò agli altri e scelse di essere onesto». In 65mila sono andati a incontrare il Pontefice allo Stadio dei Martiri di Kinshasa. Ai giovani credenti, Bergoglio ha ricordato di avere «Cuore pulito e mani pulite», proprio come Bwana Chui.

Le testimonianze – Nel primo giorno di viaggio, Papa Francesco ha raccolto le voci di donne vittime di violenza. Racconti duri, di esperienze disumane vissute realmente da persone come Emelda M’karhungulu di Bukavu e Uvira e riportate dal quotidiano Avvenire. «Avevo 16 anni, sono stata tenuta come schiava sessuale e abusata per tre mesi», racconta Emelda. Rapita da un gruppo di ribelli, è stata costretta a seguirli nei luoghi di saccheggi. Ha assistito a ruberie e massacri ed esposta a cose indicibili: «Ci hanno fatto mangiare pasta di mais e carne degli uomini uccisi», dice la donna. Alla sua voce cruda si associa quella di Bijoux Mukumbi Kamala, che oggi ha 17 anni. Presa in ostaggio nel 2020, ha raccontato di essere stata violentata brutalmente più volte al giorno per un anno e sette mesi. Il Papa ha usato parole di condanna verso queste violenze e ha puntato il dito contro chi nel Paese ne è complice. «Riempie di sdegno sapere che insicurezza, violenza e guerra sono vergognosamente alimentate non solo da forze esterne, ma anche dall’interno, per trarne interessi e vantaggi», ha detto. I racconti delle vittime assumono valore decisivo anche perché sono stati l’apertura del viaggio apostolico, che si concluderà il 5 febbraio, e sono quindi diventati il simbolo delle ragioni per cui Papa Francesco si trova in Congo.

Il viaggio – «Basta arricchirsi con risorse e soldi sporchi di sangue», ha detto il Papa parlando ai congolesi nella messa di apertura celebrata con rito zairese: il Pontefice è stato accolto da oltre un milione di fedeli. Bergoglio ha scelto di andare in Congo e Sud Sudan per portare un messaggio di pace nel senso più politico del termine. Si tratta del quinto viaggio in Africa dall’inizio del Pontificato, previsto in origine nel 2017 e annullato due volte, la prima per motivi di sicurezza e poi lo scorso luglio per i problemi al ginocchio del Papa. Ora Bergoglio ha insistito per partire, anche se la sua mobilità resta sotto stretta osservazione. Nell’organizzazione delle varie tappe, il Vaticano ha escluso la città in cui è stato ucciso l’ambasciatore Luca Attanasio. Le situazioni presenti in Congo e Sud Sudan sono diverse ma hanno in comune una cosa: la guerra. Fin dall’arrivo a Kinshasa, il Papa ha esortato la popolazione a ribellarsi contro chi si arricchisce generando morte e violenze. Quella che attanaglia il Congo «è una guerra scatenata dall’insaziabile avidità di materie prime e denaro, che alimenta un’economia armata, la quale esige instabilità e corruzione», ha detto. Diversa è la situazione in Sud Sudan, dove è in corso da oltre un decennio una guerra civile ed etnica. Il Papa sarà a Giuba, la capitale, il 3 febbraio. Arriverà insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e a Jim Wallace della Chiesa di Scozia. L’obiettivo qui è chiedere che si plachi la supremazia etnica di alcuni gruppi che esercitano il monopolio sulle risorse naturali del Paese. Tre anni fa, il Papa si era inginocchiato davanti ai leader sudanesi in visita in Italia e aveva chiesto: «il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre».