E alla fine arriva Joe. E l’America si riscopre distanziata nei corpi ma unita nello spirito. Dopo settimane infiammate da brogli presunti e violenze autentiche il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America ha finalmente prestato giuramento, insediandosi nello studio ovale della Casa Bianca. Quella che è andata in scena il 20 gennaio in una Washington blindata da oltre 25mila agenti della Guardia Nazionale è stata una cerimonia irrituale, non solo per l’annunciata assenza di Donald Trump (è la prima volta in 152 anni che un presidente uscente non partecipa all’insediamento del suo successore), ma anche per le imponenti misure di sicurezza resesi necessarie dopo l’assedio di Capitol Hill. Le restrizioni anti-Covid hanno fatto il resto, mutando alla radice una liturgia che ha visto nelle 200mila bandiere allineate sul National Mall la coreografia alternativa al consueto bagno di folla che di solito accompagna il presidente in pectore. Una cerimonia nel segno del distanziamento, dunque: ma anche di un simbolismo a cui gli statunitensi sono così affezionati da non volervi rinunciare anche in piena pandemia. I colori evocativi delle mise dei partecipanti si sono fusi con le note delle star che si sono esibite, da Lady Gaga a Jennifer Lopez, passando per Bruce Springsteen: l’amministrazione è nuova, ma il gigantismo made in Usa rimane lo stesso. In Italia, per dire, in occasioni simili ci accontentiamo del trillo di una campanella.

 

L’esibizione della popstar Jennifer Lopez (EPA/Patrick Semansky / POOL)

Colori e simboli – Se due settimane fa era stata la pelliccia di Jake Angeli a incantare (e terrorizzare) il Campidoglio, l’Inauguration Day ha visto invece gli occhi del mondo puntati su tenute decisamente più tradizionali, al netto di qualche eccezione di spicco. Il colore viola ha rappresentato il filo conduttore cromatico di tutta la cerimonia: sintesi bipartisan del rosso repubblicano e del blu dem, è stato indossato dalla neo vicepresidente Kamala Harris, da Michelle Obama e da Hillary Clinton, mentre la First Lady Jill Biden ha preferito un blu oceano più in linea con l’ortodossia partitica. Le tinte della bandiera a stelle e strisce sono state poi completate da Katy Perry e Jennifer Lopez: la popstar portoricana si è esibita avvolta in un completo total white, chiaro omaggio alle suffragette di inizio secolo. La prima elezione di una donna alla vicepresidenza ha rappresentato il loro ideale riscatto, a più di novanta anni dall’inizio della battaglia per l’emancipazione femminile. Una scelta, quella del bianco, che risalta ancor più in considerazione del look funereo scelto da Melania Trump per il suo ultimo giorno da First Lady. L’ovazione più grande è stata tributata a Lady Gaga, che ha incantato la platea intonando “The star spangled banner”, l’inno nazionale: oltre alle doti canore non sono passate inosservate la gigantesca gonna a campana e la colomba dorata appuntata sulla sua giacca: sull’eleganza stilistica si potrebbe obiettare, ma il risultato è di sicuro impatto. «Possiamo far pace gli uni con gli altri», ha poi twittato la cantante di Poker Face, unendosi al comune appello alla riunificazione del Paese. Menzione speciale per Bernie Sanders, sconfitto da Biden alle primarie 2020: anticonformista come sempre, il senatore del Vermont ha deciso di sfidare il protocollo, indossando una giacca a vento beige e degli enormi guanti di lana (riciclata) forse più consoni a una passeggiata a Central Park che a un insediamento presidenziale. Infine nella notte italiana non è mancato il tradizionale concerto dell’inaugurazione: maestro di cerimonia è stato il due volte premio Oscar Tom Hanks, che ha introdotto artisti del calibro di Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen. Particolarmente toccante l’esibizione del Boss, grande sostenitore dem, che in apertura ha intonato “Celebrating America” sulla scalinata del Lincoln Memorial.

Joe Biden nello studio ovale (EPA/Doug Mills / POOL)

Restyling alla Casa Bianca – Se con l’insediamento di Biden l’era Trump è definitivamente andata in soffitta, lo stesso non si può dire per la gran parte del mobilio dell’ex presidente: molti degli arredi scelti da The Donald occupano ancora  la Casa Bianca, dal momento che il neo capo di Stato ha dovuto attendere di giurare prima che gli addetti potessero scaricare al palazzo presidenziale i furgoni con i suoi effetti personali. Tuttavia, a ben guardare, già si intravedono le prime modifiche del nuovo corso: a farne le spese un ritratto di Andrew Jackson, settimo Presidente Usa responsabile delle deportazioni imposte a danno delle tribù degli indiani d’America (il “sentiero delle lacrime”), e per il quale il tycoon aveva una vera predilezione. Al suo posto è stata affissa l’immagine di Benjamin Franklin, padre fondatore noto per i meriti scientifici. Biden ha poi disseminato lo studio ovale di busti del sindacalista Cesar Chavez, di Martin Luther King e John Kennedy, esposti in bella mostra insieme ad alcune pietre lunari. Insomma, il cambiamento è già iniziato alla Casa Bianca: chissà che non venga riesumato anche l’orto di Michelle Obama, sacrificato da Melania Trump e vera pietra dello scandalo del passaggio di consegne di quattro anni fa