Un’America sempre più isolata, poco incline all’Europa e più vicina alla Russia come poche volte è capitato nella Storia. Sono questi gli Stati Uniti a cui pensa Trump, che dopo soli quattro giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca ha già fatto capire di voler dare una svolta alla politica estera statunitense.

L’isolamento degli USA – “Make America Great Again” – rendere l’America di nuovo grande – è stato lo slogan di The Donald durante la campagna elettorale. E il primo passo per raggiungere questo obiettivo è stato cancellare del tutto il Ttip, trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti. Un accordo internazionale che avrebbe creato una zona di libero scambio economico tra l’America del Nord e l’Europa..

Europa? No grazie – Nella nuova politica di Trump, gli Stati Uniti potranno fare a meno degli altri partner mondiali. Soprattutto dell’Europa. O così sembra. Non a caso, uno dei primi leader europei a fargli visita dopo la sua elezione è stato Nigel Farage, che con il suo partito Ukip, è stato l’artefice dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Un rapporto, quello con l’Inghilterra, che sembra già privilegiato. Tanto che il primo squillo al telefono della Casa Bianca sarebbe arrivato proprio dalla premier britannicaTheresa May.

In questa chiave Trump potrebbe instaurare legami preferenziali anche con gli altri politici antieuropeisti: da Orban in Ungheria alla Le Pen in Francia. Il resto del vecchio continente sembra visto solo come una zavorra che non contribuisce abbastanza alle spese comuni per la Nato.

Theresa May e Vladimir Putin, due dei futuri interlocutori privilegiati del neopresidente Donald Trump

Theresa May e Vladimir Putin, due dei futuri interlocutori privilegiati del neopresidente Donald Trump

I rapporti con la Russia  – Nei confronti della Russia, Trump sembra voler propendere per la via della distensione in cambio di un’alleanza contro l’Isis e il terrorismo islamico. Per riuscirci il neopresidente sarebbe addirittura disposto a rinunciare alle sanzioni contro la Russia. «Piaccio a Putin? È una cosa positiva. Non so che relazioni avrò con Putin, ma spero siano positive», ha detto Donald Trump nella prima conferenza stampa con i giornalisti. La sua speranza è che una politica mondiale di rispetto reciproco convenga a entrambi e possa aiutare a uscire dall’impasse siriano.

Ma lo scenario in Medio oriente non si può risolvere con gli slogan.Trump dovrà spingere la frastagliata opposizione al regime di Bashar al-Assad ad un accordo al ribasso con il dittatore. Il regime siriano diventerebbe quindi il male minore, accettato dagli Stati Uniti per far cessare la guerra. Una scesa a compromessi che Obama aveva sempre rifiutato e che legittimerebbe ulteriormente la Russia.

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Donald Trump nella foto profilo Twitter personale successiva all’insediamento

L’accordo con l’Iran – Trump aveva promesso ai suoi elettori anche un passo indietro rispetto al riavvicinamento con l’Iran. Sul paese sciita convergono diversi interessi: quelli dell’Europa, decisa a continuare sulla strada della distensione, ma anche quelli dello stesso Putin, amico di Teheran. Molti scommettono che a Trump non converrà smantellare l’accordo firmato da Obam e il presidente se ne accorgerà presto. The Donald potrebbe al massimo aumentare i controlli sul rispetto dell’accordo nucleare.

L’amicizia con Israele – Anche i rapporti con Israele cambieranno. Le tiepide relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Netanyahu con cui si era chiusa la presidenza Obama lasciano il posto a grandi esibizioni di sostegno reciproco. Uno degli annunci di Trump all’indomani dell’insediamento ha riguardato proprio l’intenzione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo la città contesa come appartenente di diritto allo stato d’Israele.

I fastidi di Pechino – La telefonata di congratulazioni della presidente del Taiwan all’indomani delle elezioni, con tanto di tweet di ringraziamento del presidente in pectore, è stato il primo segnale che il neopresidente è disposto a riconoscere che non esiste “una sola Cina”. La rivoluzione maggiore nelle relazioni internazionali dell’America di Trump potrebbe avvenire proprio in estremo Oriente. Legittimando gli stati che si oppongonono a Pechino infatti Trump non solo mostrerebbe un cambio di passo rispetto alla precedente presidenza, ma anche rispetto a 40 anni di riavvicinamento statunitense al gigante cinese.

Il presidente americano da sempre accusa la Cina di concorrenza sleale e qualcuno ipotizza addirittura una guerra commerciale tra le due potenze. Ma gli Stati Uniti non possono scherzare troppo con il paese che è il principale detentore del loro debito pubblico. Corea e Giappone temono dal canto loro che la politica isolazionistica di Trump possa far crescere il Peso della Cina nell’area.