La leader socialdemocratica Mette Frederiksen dopo la vittoria alle elezioni. EPA/Liselotte Sabroe

Maggiore spesa sociale, misure di contrasto al cambiamento climatico e linea dura sull’immigrazione. Con questa ricetta i socialdemocratici danesi di Mette Frederiksen hanno vinto mercoledì 5 giugno le elezioni per il rinnovo del Folketing, il Parlamento danese. È arrivato secondo il partito liberale del premier Lars Løkke Rasmussen, che ha riconosciuto la sconfitta. Il partito del Popolo Danese di Kristian Thulesen Dahl, xenofobo e di estrema destra, è crollato rispetto a quattro anni fa. Dopo Svezia e Finlandia, la Danimarca è il terzo Paese scandinavo in cui le sinistre aumentano i propri consensi e arrivano al governo.

I risultati – Nel prossimo Folketing, in cui siedono 179 deputati, i socialdemocratici dovrebbero ottenere la maggioranza relativa di 49 seggi (25.9% dei voti), davanti ai 43 ottenuti dai liberali di Rasmussen (23.4%). Il partito del Popolo Danese nel 2015 era arrivato secondo con 37 seggi e il 21.1%, ma quest’anno ha più che dimezzato i propri consensi scendendo a 16 seggi e l’8.9% dei voti, svuotato dalla linea anti-immigrazione dei Socialdemocratici. Complessivamente il “blocco rosso” di centro-sinistra ha ottenuto la maggioranza di 91 seggi, contro i 75 del “blocco blu” di centro-destra.


Mette Frederisksen – A 41 anni Mette Frederiksen diventerebbe la più giovane primo ministro della storia danese, oltre che la seconda donna a ricoprire l’incarico, dopo una campagna elettorale in cui il suo partito era dato in vantaggio da giorni. È in Parlamento dal 2001 e milita nelle fila dei socialdemocratici da quando aveva 15 anni. Tra il 2011 e il 2015 è stata ministro del Lavoro nel governo di Helle Thorning-Schmidt. Proviene da una famiglia che vota socialdemocratico da generazioni, e in economia sostiene un approccio pro-spesa pubblica per rinvigorire lo stato sociale danese. Ma sul fronte dell’immigrazione ha deciso di portare il partito a destra, condividendo le misure del governo di centro-destra in carica, appoggiato dai populisti di Thulesen Dahl.

Il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen, a una conferenza stampa di commento del risultato elettorale. EPA/Mads Claus Rasmussen

Dimissioni di Rasmussen – Mercoledì 5 giugno dopo i primi exit poll il premier Rasmussen ha ammesso la sconfitta del proprio partito e ha presentato le dimissioni alla Regina Margrethe, che avvierà le consultazioni per formare un nuovo governo. «Visti i risultati, Mette Frederiksen ha l’opportunità di formare un governo, ma non credo che le cose saranno semplici per lei», ha dichiarato Rassmussen, che si è detto disponibile a possibili accordi di coalizione.

Nodi per il governo – Per Frederisksen il risultato del voto è una chiara vittoria: «Sono fiera della campagna positiva che abbiamo condotto. Ora è finita ed è il momento di trovare soluzioni. Adesso abbiamo l’opportunità di dare una nuova direzione alla Danimarca». Anche se il blocco di centro-sinistra dispone di una maggioranza per formare un governo, i socialdemocratici al momento puntano a un esecutivo di minoranza, supportato dall’appoggio esterno delle varie forze in Parlamento su singole misure. Gli alleati di centro-sinistra infatti divergono sulle posizioni in materia di immigrazione, e Frederiksen potrebbe ricorrere al supporto dei Liberali o del partito del Popolo Danese. La linea severa e la stretta sull’accoglienza ha ridotto il numero di richiedenti asilo ai minimi storici dagli ultimi dieci anni. Per i Socialdemocratici però il punto forte del programma è una serie di misure a difesa dello stato sociale attraverso l’espansione della spesa pubblica. È molto sentita anche la questione della lotta al cambiamento climatico, uno dei temi forti durante la campagna elettorale. Questo mix di politiche di sinistra su welfare e clima, con una netta sterzata a destra sulla gestione dell’immigrazione è stata alla base della crescita dei socialdemocratici e del crollo dei populisti, ritenuti un’opzione meno affidabile.

Vestager in UE – Il commissario europeo per la concorrenza è la danese Margrethe Vestager, candidata dell’Alde (alleanza dei liberal-democratici europei) al ruolo di presidente della prossima Commissione europea, che sostituirà Jean-Claude Juncker. Perché Vestager possa avere chance di successo in Europa, avrà bisogno dell’appoggio del governo di Copenhagen. È un nodo ancora da sciogliere in vista della formazione del governo, ma i socialdemocratici potrebbero appoggiare la nomina di Vestager a Bruxelles in cambio di un appoggio esterno dei liberali al programma di governo.