Alexander Van Der Bellen, l’indipendente sostenuto dai Verdi e da tutto lo schieramento progressista, batte ogni sondaggio e vince le elezioni Presidenziali austriache, sconfiggendo il candidato populista di destra Norbert Hofer, leader del FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs, ndr). In Austria, contro ogni previsione, si arresta l’onda anti-europeista che sta travolgendo l’eurozona.

«Voglio essere il Presidente di tutti gli austriaci» ha dichiarato Van Der Bellen nella prima intervista televisiva dopo il voto.
L’ex militante socialista ha vinto con il 53,3% dei voti, distaccando di molto la percentuale di Hofer, ferma al 46,7%. Il professore di economia, considerato da molti la persona giusta in grado di contenere la deriva xenofoba austriaca, è il primo presidente verde d’Europa. Indipendente e autonomo, è entrato in politica a 50 anni e il suo linguaggio è da sempre considerato poco convenzionale e lontano dagli ingranaggi del potere.
Il professore ha confermato il suo impegno per un Paese più europeista e ha dichiarato di aver vinto «grazie ai vecchi valori di libertà, uguaglianza e solidarietà».
Il cancelliere socialdemocratico Christian Kern, si è detto soddisfatto della vittoria di Van Der Bellen: «Sono convinto che sarà un presidente che rappresenterà egregiamente l’Austria all’estero come anche all’interno», ha dichiarato.

Il 24 aprile l’Austria aveva già votato per le tredicesime elezioni presidenziali. Hofer aveva vinto il primo turno distaccando di 14 punti Van Der Bellen. Per la prima volta nella storia, partiti tradizionali come l’SPO (Sozialdemokratische Arbeitpartei Österreichs, ndr) di Rudolf Hunderstorfer e l’OVP (Österreichische Volkspartei, ndr) di Andreas Kohl erano stati esclusi dal ballottaggio successivo, fissato per il 22 maggio. In quella data, Van Der Bellen aveva ribaltato il risultato, battendo l’ultranazionalista che aveva avanzato dubbi su brogli e difetti nel voto per corrispondenza. Tutto da rifare.

I due candidati che puntavano al posto del presidente uscente socialdemocratico Heinz Fischer, non potevano avere profili più diversi. Amante delle armi ed euroscettico, Hofer, ingegnere quarantacinquenne, fino alla sua candidatura, avvenuta all’ultimo momento, non è mai stato percepito come un volto noto della politica. Considerato l’erede di Haider, nel 2013 si presentò alla Camera con un fiordaliso nel bavero della giacca, emblema del partito nazista. Ma ha la faccia pulita, non perde mai le staffe in pubblico e il partito lo considera un moderato, in grado di allargare il consenso elettorale. Ha identificato nei migranti il nemico perfetto, evocando continuamente la necessità di mura e barriere. L’hanno definito «un estremista travestito da pecora». Ha saputo sfruttare il malessere che una fetta di popolazione nutre nei confronti degli stranieri e delle politiche migratorie, associandoli al presunto aumento di criminalità. Ha accettato la sconfitta di oggi, ma si è detto pronto a candidarsi alle prossime alle elezioni politiche che, con ogni probabilità, saranno anticipate alla primavera prossima.

Ma quanto conta in Austria il Presidente della Repubblica? Anche se la Costituzione, in linea teorica, gli affida grande potere, nei fatti, il Capo dello Stato dispone di competenze limitate.
Ma dalla sua figura dipendono la nomina del Cancelliere federale e del governo, il suo licenziamento e lo scioglimento del Consiglio nazionale. Il Presidente ratifica le leggi e svolge funzioni di controllo e garanzia per quanto riguarda la costituzionalità delle norme. Ma è anche il comandante supremo delle forze armate federali e rappresenta l’Austria all’estero. Il Presidente, che può agire solo su raccomandazione del governo, ha una capacità d’azione autonoma parziale.