Alla vigilia del 30 aprile, scadenza dei primi cento giorni alla Casa Bianca, un traguardo significativo da quando Franklin Delano Rooselvelt nel 1933 ha scelto questo particolare lasso di tempo come luna di miele con gli elettori, l’indice di popolarità del presidente Joe Biden può rappresentare un campanello d’allarme. Dall’ultimo sondaggio condotto da Washington Post e Abc solo poco più della metà degli americani approva il suo operato. In tempi recenti, dal dopoguerra in poi, solo il predecessore Donald Trump ha fatto registrare un tasso di approvazione popolare più basso dopo lo stesso arco di tempo.

I nodi spinosi – A pesare sull’indice di gradimento non esaltante di Biden è soprattutto il tema immigrazione. Nonostante i ripetuti inviti delle autorità e comunità locali, il neo presidente non si è mai recato alla frontiera con il Messico ed è rimasto sulla difensiva, combattuto tra la promessa di una politica migratoria più “umana” e la crisi scatenata dall’ingresso nel Paese di migliaia di migranti. Solo a marzo gli arrivi sono aumentati del 70%.
Quanto all’economia, una seconda maxi manovra di spesa pubblica da duemila miliardi di dollari in infrastrutture, dopo i 1.900 miliardi già stanziati, al momento è solo un progetto. L’ American Jobs plan, questo il suo nome, ha l’obiettivo di creare milioni di posti di lavoro ben pagati attraverso quattro grandi capitoli di investimenti, dai trasporti alla ricerca e sviluppo di tecnologie, utili anche per tenere il passo con la Cina.
C’è poi l’eterna questione dei limiti da imporre alla libera vendita di armi, tornata al centro del dibattito pubblico dopo le stragi degli ultimi giorni. La Camera, controllata dai democratici, ha approvato una legge per sottoporre gli acquirenti a un minimo di controlli ma il provvedimento rischia di naufragare al Senato, spaccato a metà tra democratici e repubblicani.

Le promesse mantenute – Sulle vaccinazioni e gli aiuti alla ripresa economica Biden raccoglie i maggiori consensi. La previsione di 100 milioni di vaccinazioni contro il Covid-19 nei primi 100 giorni è andata oltre le aspettative: in queste ore è stata raggiunta la soglia dei 200 milioni di dosi somministrate.
A marzo l’amministrazione democratica ha approvato una manovra di spesa pubblica imponente: 1,900 miliardi di dollari per aiutare le famiglie americane a basso reddito e ridurre le disuguaglianze.
A differenza del suo predecessore, Biden ha reintrodotto il progetto di lotta al cambiamento climatico, il Green New Deal, definito una rivoluzione verde. A gennaio Biden aveva annunciato che gli Stati Uniti sarebbero rientrati nell’accordo di Parigi del 2015 da cui Trump li aveva costretti a uscire e questa settimana la Casa Bianca ospiterà un vertice internazionale online sul clima. Il progetto è di eliminare le emissioni di gas serra degli Stati Uniti entro un decennio, di allontanare l’economia dai combustibili fossili, di inserire gli imperativi del cambiamento climatico in qualsiasi legge sulle infrastrutture considerata dal Congresso.
Per quanto riguarda gli esteri, a metà aprile è stato annunciato il ritiro dall’Afghanistan, che «comincerà il primo maggio e si concluderà entro l’11 settembre 2021, il ventesimo anniversario dell’attacco a New York e al Pentagono». Non in un’ottica di disimpegno, ma di dislocamento della forza là dove serve. Biden ha inoltre mantenuto una delle sue promesse di campagna elettorale emblematiche: ha pronunciato la parola “genocidio” per parlare della morte di un milione e mezzo di armeni, massacrati dall’Impero Ottomano nel 1915. Nessuno dei suoi predecessori aveva osato tanto, temendo la viva reazione della Turchia. Anche Barack Obama si era impegnato in tal senso, ma aveva rinunciato una volta eletto.
Altro tema sensibile negli Stati Uniti è la lotta al razzismo. E il presidente americano si è sbilanciato mentre si aspettava il verdetto della giuria sul caso della morte di George Floyd: «Prego perché il verdetto sia quello giusto. Per me le prove sono travolgenti. Lo dico solo ora perché la giuria è in ritiro».

Banco di prova – In questo contesto s’inserisce il primo discorso di Biden davanti al Congresso. La seduta plenaria di mercoledì 28 aprile vedrà per la prima volta due donne alle spalle del presidente: la speaker Nancy Pelosi, padrona di casa, e la vicepresidente Kamala Harris, che ricopre anche la carica di presidente del Senato. La presenza di pochi deputati e senatori in aula per le regole anti-Covid e l’assenza di ospiti in tribuna non frena l’attesa per l’intervento di Biden. Il paventato aumento delle tasse per gli americani più ricchi, ricetta inserita nell’American Families Plan, incontra la dura opposizione dei repubblicani e di gran parte di Wall Street perchè colpisce i Paperoni americani che guadagnano oltre un milione di dollari l’anno. Questo aumentando le aliquote sia sui redditi personali sia sui guadagni legati alle plusvalenze, i cosiddetti capital gain. Del resto da un’inchiesta realizzata dal New York Times emerge come nel 2020, nonostante la pandemia abbia messo in ginocchio l’economia e lasciato a casa milioni di lavoratori, i guadagni dei manager delle grandi società di Wall Street, anche quelle in crisi, si siano mantenuti a livelli stratosferici. Una situazione inaccettabile per un presidente che ha messo al centro del sua azione la lotta alle ineguaglianze economiche, sociali e razziali.