Bernie Sanders

Bernie Sanders

Una partenza col botto. Lunedì 1 febbraio si è tenuta la prima tranche delle primarie statunitensi, e già ci sono state le prime sorprese. Tra i repubblicani, Ted Cruz conquista il 28 per cento delle preferenze, distanziandosi dal favorito Donald Trump, fermo al 24 per cento e tallonato da vicino da Marco Rubio al 23. Per i democratici il voto si risolve in un inaspettato pareggio: Hillary Clinton, che si aspettava una vittoria con margine, ottiene solo cinque voti in più dello sfidante Bernie Sanders e un solo delegato in più per la convention di luglio. Intanto, la campagna elettorale prosegue, in vista della prossima tappa in New Hampshire il 9 febbraio, con due candidati in meno: Martin O’Malley per i democratici e Mike Huckabee per i repubblicani, ritiratisi dopo l’irrisorio consenso ottenuto in Iowa. La corsa democratica prosegue con un testa a testa tra gli ultimi due candidati rimasti in lizza. A sfidarsi nelle primarie repubblicane sono rimasti invece in 11, anche se nessun candidato ha finora dimostrato la verve per raggiungere il trio in testa.

Ted Cruz

Dopo le elezioni in Iowa, uno degli stati in cui i repubblicani sono più conservatori, i candidati repubblicani sono separati da poche decine di migliaia di voti. In testa il senatore del Texas Ted Cruz, un esponente dell’estrema destra evangelica che non gode delle simpatie dell’establishment repubblicano ma che sembra invece godere del favore popolare a livello nazionale. È considerato un po’ l’Obama di destra: giovane, figlio di un immigrato cubano e capace finalmente di avere un certo appeal, proprio in quanto ispanico, verso l’elettorato latino che Trump e i repubblicani hanno fatto di tutto per alienarsi. Secondo gli esperti sarà molto forte in tutti gli stati tradizionalmente conservatori, in particolar modo quelli del Sud.

Donald Trump

Donald Trump

Al secondo posto, il tycoon multimiliardario Donald Trump. «Il vero punto interrogativo è l’effetto che la sconfitta di Trump avrà sulla sua campagna perché uno degli apparenti motivi del continuo favore di cui Trump sembrava godere era proprio il fatto che risultava in testa a tutti i sondaggi. Non era tanto quello che diceva, forse come lo diceva, ma contava molto quest’aura di successo, questa capacità di sfidare ogni idea precostituita di come sarebbero andate le cose in una campagna elettorale e vincere nonostante tutto» spiega Riccardo Alcaro, responsabile di ricerca presso il Programma Transatlantico dello IAI. «Questo non è avvenuto, quindi per Trump la sfida ora è reale perché dovrà mostrare come sa gestire una sconfitta, una sconfitta per di più inaspettata dato il vantaggio nei sondaggi».

Marco Rubio

Marco Rubio

Ad appena un punto di distanza, il senatore della Florida Marco Rubio, da molti considerato il candidato prescelto dall’establishment repubblicano che in lui vede l’uomo capace di rappresentare anche una posizione leggermente più centrista di Cruz. E proprio Cruz e Rubio, entrambi figli di immigrati cubani, sono quelli che danno una maggiore garanzia di cambiamento antiprogressista e anti-Obama all’elettorato conservatore. Secondo Riccardo Alcaro «Trump e Rubio potrebbero essere i candidati su cui si appuntano i voti dei repubblicani degli stati tradizionalmente centristi o progressisti, quindi i repubblicani del New York, del Massachusetts, New Hampshire, degli stati dei grandi laghi come Illinois o Michigan, o della costa ovest come California, Oregon e Washington».

É dal 1972 che le primarie statunitensi cominciano nello stato dell’Iowa. In virtù di questo primato, si tende a dare molta importanza ai risultati di queste elezioni. Tuttavia, per molti esperti, il peso dell’Iowa è sopravalutato. In effetti, finora le primarie dell’Iowa hanno predetto con solo il 43 per cento di successo il candidato democratico e con il 59 per cento quello repubblicano. «I risultati dell’Iowa non sono mai stati veramente indicativi, per lo meno non lo sono stati in tempi recenti. L’importanza dell’Iowa è enormemente sovrastimata, semplicemente perché è il primo Stato in cui si vota. Sia nel 2012 che nel 2008, le primarie repubblicane in Iowa selezionarono candidati di estrema destra evangelici che poi non ottennero nessun tipo di risultato nel corso delle primarie successive» spiega Riccardo Alcaro. Semmai, le elezioni dell’Iowa sono difficili da predire perché il voto non avviene nelle urne con voto segreto, ma si svolge con un particolare format, detto caucus, che si tiene in genere per alzata di mano e tende a favorire un candidato con un seguito politico organizzato.

Hillary Clinton

Hillary Clinton

La prossima tappe delle primarie è il New Hampshire, dove si voterà il 9 febbraio con il sistema di primarie propriamente detto (il voto segreto). I sondaggi danno Sanders in netto vantaggio con un margine in doppia cifra e, data la modalità di voto, i sondaggi dovrebbero essere più affidabili. «Avremo la situazione in cui, dopo un pareggio iniziale, Sanders vincerà nella seconda tappa. Questo renderà un po’ più scoppiettante la corsa tra democratici e renderà l’immagine della Clinton forse un po’ più debole, un po’ meno formidabile di quanto è apparsa finora» analizza Riccardo Alcaro, che però non ha dubbi: «Hillary Clinton rimarrà la netta favorita in campo democratico. Ci sarà più lotta, ma Hillary nella lotta eccelle, è la condizione in cui lei da il meglio». In campo repubblicano, i sondaggi sono tutti in favore di Trump, che dovrebbe vincere nettamente. Se così non fosse, si potrebbe delineare una sfida Cruz-Rubio. Se Cruz dovesse vincere anche nel New Hempshire si accrediterebbe come il front runner, il candidato di testa.

Alessia Albertin