Salario minimo, tassazione degli extraprofitti delle banche e dei grandi patrimoni, diritti delle persone LGBTQ+. Sono tre dei provvedimenti più identitari della sinistra che il governo spagnolo, dal 2019 guidato dal socialista Pedro Sánchez, ha portato al traguardo nei mesi passati.

Pedro Sanchez

Il presidente del consiglio spagnolo Pedro Sanchez (Fonte: Flickr)

Busta paga – Con un innalzamento dell’8%, votato in consiglio dei ministri martedì 14 febbraio dopo un accordo con i sindacati, il salario minimo spagnolo è stato fissato per il 2023 a 1.080 euro per 14 mensilità. Nel 2018, quando al governo c’era il Partido popular (PP) guidato da Mariano Rajoy, l’importo era di 735 euro al mese. Con il nuovo adeguamento la paga minima raggiunge il 60% del salario minimo, soglia promessa da Sánchez a inizio mandato e ora rivendicata con forza. Contraria la CEOE, la Confindustria spagnola, che non si è seduta al tavolo della trattativa.

Più soldi dalle banche – Un’altra misura presa per agevolare i meno abbienti e far pagare i più ricchi in una fase di forte aumento dei prezzi è la tassa sugli extraprofitti delle banche. Annunciato da Sánchez ad agosto 2022, quando la Bce ha iniziato ad alzare i tassi di interesse, e poi confermato a dicembre, il provvedimento impone alle grandi banche quotate in borsa un’imposta aggiuntiva e temporanea, per gli anni 2022 e 2023, sui ricavi extra derivati dall’aumento dei tassi attivi. L’aliquota prevista è del 4,8% sul fatturato di interessi e commissioni. Il saldo per le banche è piuttosto pesante. Il gruppo Bankinter, ad esempio, ha chiuso il 2022 con 560 milioni di euro di ricavi (+28% rispetto al 2021) e per effetto della tassa sugli extraprofitti dovrà pagare circa 90 milioni di euro entro il 20 febbraio 2023. In totale il governo spagnolo stima di incassare 3 miliardi di euro entro il 2024, ma Bankinter e altre società hanno già annunciato che faranno ricorso. La legge prevede una tassazione straordinaria anche per le imprese del settore energetico (1,2%) e per i grandi patrimoni (dal 1,7%, con aliquota crescente, per patrimoni di almeno 3 milioni di euro). L’iniziativa del governo non è piaciuta al PP e ai neofranchisti di Vox: per la destra spagnola è un provvedimento che punisce gli investimenti ed è in odore di incostituzionalità perché intacca le prerogative delle comunità autonome.

Ley trans al traguardo – A breve in Spagna ogni cittadino con più di 14 anni potrà cambiare sesso sui documenti senza il parere di un giudice e senza una diagnosi medica di disforia di genere. È quanto prevede la “Ley trans” che il Congreso, equivalente spagnolo della Camera dei deputati, voterà nella giornata di giovedì 16 febbraio. Nei mesi scorsi il testo è stato oggetto di un dibattito molto acceso sia tra opposizione e governo sia all’interno della maggioranza, composta dai socialisti del PSOE e dalla sinistra di Unidas Podemos (UP). Il PP e i neofranchisti di Vox restano contrari a una legge che, secondo loro, mette in pericolo i diritti delle donne demolendo il concetto di sesso biologico. Preoccupazioni simili attraversano anche alcune aree del movimento femminista e parti del PSOE, che su questo punto ha faticato molto a trovare la quadra con gli alleati di Podemos che sostengono con convinzione la ley trans.

La ministra dell'Uguaglianza Irene Montero (Wikimedia commons)

La ministra dell’Uguaglianza Irene Montero (Wikimedia commons)

“Solo Sí es Sí” –  Un’ulteriore grana è quella della legge sulla violenza sessuale, nota come “solo sì è sì”, promossa dalla ministra dell’Uguaglianza Irene Montero (Podemos) e approvata nell’estate del 2022. Il provvedimento ha introdotto il concetto del consenso esplicito: in assenza di questo ogni atto sessuale è da considerarsi violenza. Il silenzio della donna o la mancanza di resistenza fisica non sono una giustificazione. Alla luce di queste novità, la legge è stata salutata come una svolta epocale dalla sinistra e dal movimento femminista in Spagna e non solo. Tuttavia, dall’autunno del 2022 sono emerse alcune criticità. La legge ha infatti abolito la differenza tra “abuso” e “violenza”, presente in precedenza nel diritto spagnolo, e ha ricalcolato le pene, abbassando il minimo. Di conseguenza alcuni condannati hanno richiesto una riduzione della pena che, in certi casi, è stata concessa sulla base del principio di applicazione della norma più favorevole al reo. Questi episodi hanno dato nuova linfa agli attacchi della destra spagnola, da sempre contraria alle legge, che ha accusato Sánchez di non aver agito in modo tempestivo per modificarla.

I numeri della sinistra spagnola – La capacità del governo Sánchez di portare a casa questi risultati farebbe pensare a un esecutivo forte, con una maggioranza solida in parlamento. In realtà, PSOE e UP possono contare su 155 seggi su 350 contro i 165 delle opposizioni. Il governo si regge grazie all’appoggio esterno o all’astensione di alcune formazioni nazionaliste, tra cui i due partiti baschi. In ogni caso, l’esperienza di Sánchez si avvia alla conclusione. A maggio è in programma una tornata di elezioni amministrative e a dicembre gli spagnoli voteranno per le politiche. In entrambi i casi i sondaggi a febbraio 2023 danno in vantaggio il PP. Si vedrà dunque se concludere la legislatura con l’approvazione di alcuni provvedimenti identitari basterà ai socialisti per recuperare consensi e confermarsi al governo.