La Turchia è la più grande prigione per giornalisti al mondo. Lo dice il rapporto 2016 di Reporter Senza Frontiere, intitolato “Worldwide round-up of journalists who are detained, held hostage or missing“, che raccoglie ogni anno i dati della situazione globale della libertà di stampa. Il numero dei giornalisti arrestati quest’anno nel mondo è impressionante: 348 (il 6% in più rispetto ai 328 del 2015), di cui 187 professionisti, 146 reporter volontari e 15 collaboratori.

Ed è la Turchia il paese con il maggior numero di detenuti (più di 100), seguita da Cina (103), Siria (28), Egitto e Iran.

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La pole position negativa non è una novità per il paese di Erdogan, che già nel 2012 e nel 2013 era stato classificato come il luogo in cui è più complicato dare liberamente notizie. Nel 2016 gli arresti sono aumentati del 22%, soprattutto dopo il fallimento del colpo di Stato di luglio. Secondo Rsf almeno 41 arresti sono sicuramente legati all’esercizio della professione. La Turchia non scende dal podio neanche per quanto riguarda il numero di giornaliste detenute, per cui si attualmente si trova al terzo posto nel mondo.

Attualmente, dice Reporter Senza Frontiere, è sufficiente esprimere una critica nei confronti del governo o scrivere qualunque articolo che lasci sospettare la vicinanza a Fetullah Gülen (accusato dell tentato colpo di stato) o alla causa curda per essere incarcerati senza processo o essere indagati come se si fosse commesso un crimine.

Manifestazione per la liberazione della giornalista di Özgür Gündem Asli Erdogan

Manifestazione per la liberazione della giornalista di Özgür Gündem Asli Erdogan

 

Basta davvero poco, quindi, per essere accusati di alto tradimento. Quasi tutti i giornali di opposizione subiscono continui attacchi repressivi da parte del Governo, come il quotidiano Cumhuriyet, nella cui sede la polizia turca ha fatto irruzione il 31 ottobre, arrestando dieci giornalisti con l’accusa di aver stretto legami con organizzazioni terroristiche. O ancora il quotidiano filo-curdo Özgür Günden, chiuso per presunta attività di propaganda del partito nazionalista curdo PKK, con l’arresto di ventitré giornalisti nel corso di un raid della polizia su disposizione del tribunale. La stessa rappresentante turca di RSF, Erol Önderoglu, ha trascorso 10 giorni di carcere per poi essere rilasciata in libertà condizionata.