Il pugno di ferro ripaga, almeno questo è il messaggio che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu vuole dare, dopo che due ostaggi sono stati liberati a Rafah da un raid notturno dell’esercito. «Solo una costante pressione militare, fino alla vittoria totale, ci porterà al rilascio di tutti i nostri ostaggi. Non perderemo nessuna occasione per riportarli a casa». Bibi rivendica la bontà delle proprie decisioni anche di fronte agli Stati Uniti che continuano a chiedere a Israele di fermare gli attacchi nella striscia di Gaza.

Gli ostaggi – Sono il sessantenne Fernando Simon Marman e il settantenne Louis Har i due ostaggi liberati dall’azione congiunta delle Idf (forze armate israeliane) e di Shin Bet (intelligence per gli affari interni israeliani). Il raid è partito dopo che gli 007 hanno scovato l’appartamento nella città di Rafah dove erano nascosti i due ostaggi. Si trovavano nel sud della striscia, dove più di un milione di persone si sono rifugiate scappando dal nord: da lì non si può più fuggire. Per assistere le forze di terra addette all’esfiltrazione sono stati bombardati pesantemente gli edifici circostanti, nei quali, secondo l’esercito, si nascondevano i militanti di Hamas. L’operazione, hanno fatto sapere funzionari palestinesi, è costata la vita ad almeno 67 persone, inclusi donne e bambini. Marman e Har sono ora all’ospedale Sheba, nei pressi di Tel Aviv, per effettuare i controlli del caso ma sono in buone condizioni di salute nonostante i 128 giorni di prigionia.

Reazioni – «Un’operazione impressionante di salvataggio», è stato il commento del ministro della Difesa Yoav Gallant su X. Il raid è stato celebrato come una vittoria in Israele, ma a far i complimenti per l’operazione è arrivata anche la voce del presidente argentino Javier Milei, dato che i due ostaggi liberati hanno la doppia cittadinanza israeliana e argentina. L’azione è arrivata dopo che gli Stati Uniti avevano più volte chiesto a Israele di rivedere le proprie azioni nella Striscia per salvaguardare l’incolumità dei civili. L’ultimo a farlo era stato il presidente Joe Biden che, in un colloquio telefonico, avrebbe chiesto a Netanyahu di garantire la sicurezza della popolazione di Rafah prima di procedere con ulteriori attacchi. Fonti della Casa bianca citate dal giornale Washington Post parlano di una sempre più probabile rottura tra Biden e Netanyahu, se quest’ultimo non dovesse cambiare la propria linea su Rafah.

Crisi umanitaria – La situazione nella striscia si fa sempre più drammatica, con la popolazione che fatica ad avere cibo e acqua potabile. Non solo, il direttore generale dell’Oms (l’organizzazione mondiale della sanità) Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che solo 15 dei 36 ospedali di Gaza sono ancora parzialmente o minimamente funzionanti. Ha inoltre evidenziato la difficoltà nel portare aiuti umanitari all’interno di Gaza: «Finora abbiamo consegnato 447 tonnellate di forniture mediche, ma è una goccia nell’oceano dei bisogni, che continua a crescere ogni giorno.»