Un’irruzione nell’ospedale al-Ahli di Hebron delle forze di sicurezza israeliane: così è morto il 12 novembre il palestinese Abdullah Shalaldeh, 27 anni, cugino di Azzam Shalaldeh, 20 anni, ricercato per un accoltellamento dello scorso 25 ottobre. La vittima si era opposta all’arresto del parente e ha perso la vita nello scontro.
La dinamica della vicenda è stata ricostruita grazie alle immagini di un video diffuso dai media. L’irruzione è avvenuta sotto copertura con i militari travestiti da palestinesi e accompagnati da una donna incinta su una sedia a rotelle. Durante l’operazione per l’arresto, Abdullah Shalaldeh sarebbe entrato all’improvviso nella camera dove era ricoverato suo cugino, avrebbe attaccato la squadra e sarebbe stato così ucciso. Il fratello del ricercato Bilal che dormiva nel letto accanto ad Azzam ha riferito di essere stato legato per evitare che reagisse. Le forze di sicurezza sono comunque riuscite a lasciare l’ospedale con il ricercato. Dure le parole del direttore dell’ospedale Jehad Shawar sull’accaduto: «Questo è un crimine, è contro la legge internazionale, nessuno dovrebbe violare gli ospedali, ma Israele lo fa». Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, però, risponde: «I terroristi non hanno diritto ad alcun rifugio».
Non è il primo episodio del genere in Palestina. Il 6 ottobre a Nablus le forze di sicurezza sotto copertura erano entrate in un ospedale per catturare un ricercato. In quell’occasione nessuno perse la vita. Intanto la tensione in Medio oriente aumenta. Si teme ora per eventuali disordini durante il funerale della vittima. Abdullah Shalaldeh è già diventato un martire della causa palestinese. In alcuni tweet il ragazzo viene definito shahid, martire in arabo. Viene invocata anche la gloria di Dio su chi come lui ha perso la vita nella guerra contro gli israeliani, definiti «forze di occupazione».
?????? ??????? ?????? ??????? ???? ???????? ????? ?? #??????
????? ??????? pic.twitter.com/rwpzs9Hi2m— mahmoud Hrebat (@hrebat) November 12, 2015
Ma l’agitazione coinvolge anche governi, Unione Europea e Stati Uniti. L’11 novembre il ministro israeliano per l’Energia Yuval Steinitz ha criticato il provvedimento europeo sull’etichettatura dei prodotti degli insediamenti israeliani nei Territori occupati e l’ha definito antisemita. Anche il premier Benyamin Netanyahu ha commentato: «L’Unione Europea deve vergognarsi. È una decisione ipocrita e che rivela un doppio atteggiamento: si applica solo ad Israele e non ad altri 200 conflitti nel mondo». Il segretario di Stato americano John Kerry in visita all’Onu ha ribadito il sostegno del governo americano a Israele: «I tempi possono cambiare, ma l’amicizia degli Stati Uniti con Israele non cambierà». Nelle parole di Kerry anche la speranza per la possibile realizzazione della soluzione dei due stati in Palestina: «La verità deve unirci nella lotta all’estremismo violento».
Lara Martino