“È il disordine assoluto”. Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, lancia l’allarme sulla Repubblica Centrafricana. Uno stato grande come la Francia e più povero dell’Afghanistan, posizionato a Nord del Congo, è ora “sull’orlo di un genocidio”, come spiega il ministro.
Le informazioni fornite da Medici senza Frontiere descrivono una nuova ondata di attacchi e di uccisioni da parte di gruppi armati e di forze governative nel nord-ovest del Paese. Diverse fonti, tra cui ong americane, riferiscono di 65 mila sfollati a causa delle recenti recrudescenze, a cui se ne devono aggiungere altri 400 mila precedenti a questa crisi. Il quotidiano francese Le Monde ha riferito di trattative in corso tra l’Esercito del Signore, guidato dall’ugandese Joseph Kony, e le milizie governative, entrambi responsabili delle violenze che stanno svuotando intere città.
Il 29 ottobre le Nazioni Unite avevano approvato l’invio di 590 militari, di cui la metà a protezione della missione internazionale nella capitale della RCA, Bangui, sul confine meridionale con il Congo. Mercoledì 20 novembre è stata la volta di Washington, che avverte: “Gli Stati Uniti non hanno prove che il governo di transizione della Repubblica Centraficana abbia la capacità o la volontà politica di mettere fine alla violenza, in particolare di fermare gli abusi commessi dai militanti dell’alleanza ribelle Seleka, affiliati al governo stesso”, ha detto il Segretario di Stato John Kerry.
È da marzo che le milizie Seleka hanno preso il controllo della capitale, pur non essendo riuscite a fermare le violenze tra governativi e ribelli che infiammano le province del Nord. E da parte dell’Europa si attende il voto dell’Onu a dicembre, con cui si deciderà l’invio di truppe francesi e africane nella martoriata ex colonia di Parigi.
Carlo Marsilli