L’ultimatum dei ribelli filo-rwandesi è durato 48 ore, ma l’esercito congolese ha deciso di non consegnare le armi. Così il 27 gennaio è scattata la resa dei conti. I miliziani del gruppo M23 sono entrati a Goma, capoluogo della provincia congolese del Nord Kivu. L’hanno conquistata, dopo anni di scontri sul confine. Una fonte della sicurezza ha riferito all’Agence France-Presse (AFP) che è in corso una fuga di massa dalla prigione della città. Il carcere, che ospita 3000 detenuti, è stato «completamente bruciato» e «ci sono stati morti». Al momento, però, non se ne conosce il numero. Le autorità rwandesi sono state accusate di aver fornito approvvigionamenti ai ribelli per garantirsi le materie prime delle miniere congolesi, anche se il presidente del Rwanda, Paul Kagame, ha smentito quest’ipotesi.
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva più volte intimato alle due parti di sospendere le ostilità, ma le richieste non sono state accolte. Alcuni Paesi, come la Francia, hanno espresso la loro solidarietà a Kinshasa, condannando le offensive degli M23 e dei gruppi armati associati a Kigali. Stando alle ultime testimonianze, come riporta Il Sole 24Ore, ci sarebbe stato uno scontro a fuoco fra i soldati congolesi e quelli rwandesi, segno di una guerra esplicita tra i due Paesi. Secondo una fonte consolare europea, il confine con il Rwanda è stato chiuso. «Nessuno entra, nessuno esce, a parte alcuni membri del personale delle Nazioni Unite e le loro famiglie che sono stati evacuati», ha fatto sapere un operatore umanitario. Per loro, sono stati messi a disposizione alcuni autobus al confine tra Rwanda e Rdc «in attesa di trasportarli a Kigali, dove saliranno sui voli per i rispettivi Paesi», come ha annunciato su X la radio e televisione Rwandan National Bank RBA.