La Conferenza episcopale tedesca non ubbidisce al Papa. Circa 500 anni dopo lo scontro tra Martin Lutero e papa Leone X, che portò alla nascita del Protestantesimo, è di nuovo tempo di attriti tra la Chiesa di Roma e il cattolicesimo tedesco. Lo strappo non è irreversibile, ma solleva alcune questioni di legittimità all’interno delle strutture gerarchiche della Chiesa. L’11 novembre scorso, la Conferenza episcopale tedesca (Cet), ha istituito un Comitato sinodale per arrivare alla costituzione di un nuovo organo consultivo e decisionale per la Chiesa d’Oltralpe. Una decisione che ha deliberatamente scavalcato l’esplicito divieto posto da papa Francesco, che già il 16 gennaio 2023, con una lettera, ne aveva interdetto la creazione. A preoccupare il papa è il fatto che la costituzione di un simile organo da parte di una Conferenza episcopale non è prevista dalle strutture giuridiche della Chiesa. Quello che potrà effettivamente fare il Comitato non è ancora chiaro, ma di certo viene recepito come una minaccia all’unità della Chiesa, perché sembrerebbe scavalcare o quantomeno affiancare le gerarchie esistenti ma senza esservi inquadrato.
Roma conta, ma non troppo – Già altre volte la Chiesa tedesca ha dato segnali di disallineamento rispetto alla guida vaticana. Andiamo con ordine. La costituzione del Comitato sinodale voluto dalla Cet è arrivata al termine di un percorso di autonomia iniziato da alcuni anni in Germania. Nel 2019, il cardinale Reinhard Marx aveva annunciato la convocazione di un sinodo «vincolante per la chiesa in Germania» il cui scopo era quello di affrontare, indipendentemente dalle linee-guida di Roma, le sfide poste al cattolicesimo dall’epoca post-moderna: i dubbi sul celibato sacerdotale, l’insegnamento religioso in materia di morale sessuale, la riduzione del potere ecclesiastico.
Si arriva poi al Cammino sinodale tedesco (Sinodale weg). Convocato nel 2020 per far fronte allo scandalo degli abusi sessuali, si è concluso nel 2023 con l’approvazione di quindici documenti e con unA richiesta che spicca tra le altre: l’apertura dell’ordinazione sacerdotale alle donne. I vescovi e i laici tedeschi che hanno partecipato erano ben consci che non tutte le richieste e le istanze emerse in quei tre anni avrebbero avuto il via libera dal Vaticano, ma non per questo hanno rinunciato ad avanzarle.
Il dibattito interno – La Cet aveva invitato a partecipare al Cammino sinodale anche quattro donne laiche: Marianne Schlosser, Dorothea Schmidt, Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz e Katharina Westerhorstmann. Tutte e quattro, però, a un certo punto hanno lasciato il Cammino perché si trovavano in contrasto con la piega che il dialogo religioso stava prendendo. In particolare, erano preoccupate dal fatto che il Cammino sinodale stava mettendo in discussione sia le Scritture che la tradizione, da sempre ritenute vincolanti per la dottrina della Chiesa. In un’intervista al Foglio del 2022, Dorothea Schmidt aveva detto che la Chiesa tedesca: «Sembra in pratica arrendersi alla mentalità della nostra epoca, anzi, la valuta come uno dei segni dei tempi e afferma che il sensus fidei fidelium non può errare». A loro quattro, il 10 novembre scorso è arrivata una lettera di papa Francesco, in cui il pontefice ha espresso la propria preoccupazione per gli stessi motivi e in cui ha anche ribadito la sua condanna della convocazione del sinodo. Affianco a loro, si sono schierati soltanto pochi dei vescovi tedeschi, che non solo hanno dichiarato che non faranno parte del Comitato sinodale, ma che hanno anche bloccato i finanziamenti ad esso da parte delle proprie diocesi.
La risposta del Vaticano – Nella lettera alle quattro ex componenti del Cammino sinodale, papa Francesco ha scritto: «Anche io condivido questa preoccupazione per i tanti passi concreti con cui questa Chiesa locale minaccia di allontanarsi sempre più dal cammino comune della Chiesa mondiale. Questo include senza dubbio anche la costituzione del Comitato sinodale che ha lo scopo di preparare l’istituzione di un organo consultivo e decisionale che, nella forma delineata nel corrispondente testo della risoluzione, non può essere conciliabile con la struttura sacramentale della Chiesa cattolica». In un’altra lettera, firmata dai cardinali Pietro Parolin, Luis Francisco Ladaria e Marc Oullet, il Vaticano aveva ribadito che si tratterebbe di «una nuova struttura di governo della Chiesa in Germania che sembra porsi al di sopra dell’autorità della Conferenza episcopale tedesca e sostituirla di fatto» e che «né il Cammino sinodale né alcun organismo da esso istituito né alcuna Conferenza episcopale hanno la competenza di istituire il Consiglio sinodale a livello nazionale, diocesano o parrocchiale». Preoccupazioni infondate, ha ribadito il presidente della Cet Georg Bätzing.
I dubbi sul futuro – La rassicurazione di Bätzing, però, non è servita. E ora Roma si trova, come 500 anni fa, a dover affrontare un problema che viene dalla Germania. Uno scisma non è di certo all’orizzonte, ma che fare dei vescovi che non si allineano al Vaticano? Le possibilità sono due: lasciarli al loro posto e provare a portare avanti un dialogo nella speranza che possa giovare a tutta la Chiesa, oppure sollevarli dall’incarico.