Un monumento in bronzo per un politico “d’acciaio” e circa mille bouquet di fiori deposti sulla sua tomba. Con l’inaugurazione a Volgograd, ex Stalingrado, di un busto di Stalin, la Russia si prepara dal primo febbraio al settantesimo anniversario dalla morte del dittatore sovietico, uno dei giganti del Novecento (nel non piccolo bene fatto e nel molto male commesso al proprio Paese), celebrato il 5 marzo a Mosca con ritratti e bandiere della vecchia Unione sovietica che sventolano sulla Piazza Rossa.

Il culto di Stalin – Oltre mille cittadini si sono riuniti nella piazza principale della capitale russa, la mattina del 5 marzo, per deporre fiori sulla tomba di Stalin, “l’uomo d’acciaio”, come dice il soprannome che lo accompagnò nella costruzione di un impero e tuttora lo definisce nel ricordo. Sono passati 70 anni da quel marzo del 1953 quando il dittatore morì per un ictus nella sua dacia vicino a Mosca. Tre anni dopo, il suo successore Nikita Chrušcëv, avrebbe dato il via alla “destalinizzazione”: non solo la rimozione dei monumenti in suo onore, ma anche la denuncia del culto della personalità e delle molte nefandezze attribuite al suo regime. A distanza di decenni, un sondaggio fatto nel 2021 (riportato da RaiNews) dall’organizzazione non governativa russa Levada indicava che più della metà dei cittadini russi ne ha un ricordo e un’opinione positivi. Addirittura, alcuni esperti vedono una retorica di stampo stalinista nelle giutificazioni ideologiche dell’attacco all’Ucraina, descritta come un covo di nazisti pronti a distruggere la Russia.

Il ritrattoIosif Dzhugsahvili, nato a Gori (in Georgia) nel 1879, scelse lo pseudonimo di Stalin, che significa “uomo d’acciaio”, quando ancora rivestiva i panni di un giovane rivoluzionario. Nominato da Lenin segretario generale del Comitato centrale del Pcus (Partito Comunista dell’Unione Sovietica) nel 1922, nel 1924 è diventato suo successore dopo uno scontro con Lev Trockij. Nel decennio successivo si consolidarono il suo potere e il culto della sua personalità. Forte del consenso imposto ai quadri del partito grazie a una spregiudicata poltica del terrore, si dedicò a un’industrializzazione forzata attraverso lo strumento dei piani quinquennali, simbolo di un esapserato dirigismo dell’economia. Per domare il partito procedette a “grandi purghe”, eliminando in via preliminare ogni opposizione nei vari gangli della società sovietica. In soli tre anni, dal 1936 al 1939, più di 1,2 milioni di membri del partito furono arrestati, accusati di cospirazione e, in circa il 50% dei casi, liquidati fisicamente. Chiunque fosse ritenuto ostile al regime subiva la stessa sorte. All’arresto seguiva la deportazione nei Gulag, i campi di lavoro forzato dell’URSS, che spesso diventavano sinonimo di tortura e di morte. L’epurazione dei vertici militari e politici si dimostrò poi controproducente subito dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che colse il dittatore del tutto impreparato. Per non rischiare di cadere vittima della sua impreparazione, nel 1939 il dittatore decise di firmare un patto di non aggressione con il cancelliere tedesco Adolf Hitler, suo arcinemico ideologico.

Fonte: Ansa

Verso la guerra fredda – Iosif Stalin fu anche un protagonista, insieme al primo ministro britannico Winston Churchill e al presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman, dell’assetto dell’Europa dopo il 1945. L’esito del confronto tra Oriente e Occidente, al termine della guerra che mise fine alla grande alleanza tra Mosca, Londra e Washington, fu la divisione del mondo in due blocchi contrapposti nel periodo passato alla storia come Guerra Fredda. I meriti di Stalin, agli occhi dei suoi nostalgici sostenitori, vanno ancora oltre le sue doti nel campo dell’economia e della politica. Gli ammiratori celebrano le imprese dell’Armata Rossa, che sconfisse i nazisti e nel gennaio del 1945 liberò il campo di sterminio di Auschwitz. Durante gli anni della guerra, però, non sempre la gestione dell’esercito fu vincente: quando Hitler invase l’Urss il 22 giugno 1941 trovò una Russia senza leadership militare, per colpa delle epurazioni. L'”uomo d’acciaio” per due settimane non diede notizie di sé, ma poi riuscì a diventare il leader di una riscossa.