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Il presidente siriano Bashal al-Assad

Presi dalle loro celle, picchiati e poi impiccati nella notte, «in totale segretezza». E’ questo il trattamento –  secondo quanto denunciato dal rapporto del 7 febbraio di Amnesty International – a cui sono stati sottoposti dal  2011 al 2015 i prigionieri del carcere militare di Saydnaya, 30 chilometri a nord di Damasco, in Siria. In questo modo 13mila persone, per la maggior parte civili sostenitori dell’opposizione, sarebbero state uccise. Il report dell’Ong si basa su un anno di ricerche e interviste a 84 testimoni tra cui guardie, ex prigionieri e giudici del carcere. L’organizzazione parla di una «campagna mostruosa di atrocità» autorizzata dal presidente siriano Bashar al-Assad, ma il governo nega che le forze di sicurezza abbiano mai arrestato queste persone.

Le modalità – Una volta a settimana – nel giorno della «festa», come veniva chiamato il giorno dell’esecuzione da parte delle guardie del carcere – gruppi fino a 50 persone venivano prelevati dalle loro celle, bendati e sottoposti a un processo sommario davanti alla Corte marziale della prigione. Un paio di minuti, dopo i quali si emetteva la condanna e si annotava il nome del detenuto nel registro della morte. «A prescindere dalla risposta, e senza alcuna altra possibilità di difesa», secondo la testimonianza di un ex giudice. Dopo il processo, venivano portati al piano inferiore della prigione, dove sarebbero stati poi torturati fino a quando «la corda non veniva infilata intorno al loro collo». Il mattino dopo i corpi erano portati via da camion che li scaricavano in fosse comuni.
Il carcere di Saydnaya era già stato al centro di un precedente rapporto di Amnesty, che aveva denunciato l’esagerato numero di morti avvenuto nell’istituto a seguito di torture e del rifiuto di distribuire ai detenuti cibo, acqua, medicinali e cure mediche. Gli ex prigionieri hanno inoltre raccontato di essere stati stuprati o costretti a stuprare altri carcerati. Torture e pestaggi, secondo le testimonianze, erano all’ordine del giorno: i pavimenti delle celle coperti da sangue e pus che usciva dalle ferite. Quando fornito, poi, il cibo lanciato dentro le celle si mescolava con il sangue e la sporcizia a terra. I pochi sopravvissuti, dice il report, pesano la metà di quando sono entrati.

L’alleato – Il rapporto dell’Ong viene pubblicato proprio nel giorno in cui Assad rilascia un’intervista ai media belgi in cui attacca l’Ue e la Nato («sostengono i terroristi») e ammicca a Trump: «Promettenti sue parole per la lotta a Isis». Dopo cinque anni di guerra civile e il fallimento della conferenza di Pace di Ginevra appoggiata dall’Onu, sono attualmente Russia, Turchia e Iran le tre nazioni che hanno in mano le redini del conflitto.
Le tre potenze si sono riunite ad Astana il 23 gennaio, ma un’intesa risolutiva sembra ancora distante. L’Iran sciita vorrebbe non cambiasse nulla per mantenere la sua area di influenza sul mondo arabo, la Russia sembra voler trovare un compromesso che le permetta di non impantanarsi in Siria e la Turchia sunnita non può appoggiare in toto una soluzione a guida sciita. Nonostante ciò, il fronte dei ribelli è ormai troppo logoro ed è diventato impossibile distinguere tra forze moderate ed estremiste. Russia, Turchia e Iran appoggiano Assad, l’unica personalità che può garantire, al momento, una qualche possibile stabilità.