È caduto le prime ore del mattino dell’8 dicembre il regime di Bashar al Assad, il dittatore siriano che ha tenuto sotto scacco il paese con una guerra civile lunga quasi 14 anni con almeno 500mila vittime. A guidare l’avanzata su Damasco è stato il gruppo Hayat Tahir al Sham, milizia che negli anni si è allontanata da Al Qaida per abbracciare uno jihadismo più pragmatico. Il crollo del regime in Siria è stato favorito dalla debolezza degli alleati di Assad, in preda alle loro difficoltà e quindi incapaci di affiancare il suo impreparato esercito con milizie addestrate e bombardamenti mirati. E ora paesi amici e nemici guardano con attenzione lo spazio vuoto della Siria sullo scacchiere internazionale.
La Russia – Erano state le bombe russe a spegnere la primavera araba nel 2011. Ma la campagna aerea di inizio dicembre 2024 su Idlib e Aleppo non ha fermato l’offensiva lampo guidata dalle milizie di Hayat Tahir al Sham (Hts). Un primo sconfitto della partita è quindi Vladimir Putin: impegnato nel conflitto ucraino, non è stato in grado di soccorrere l’alleato Assad. Per lo zar la Siria ha una grande importanza strategica: la zona costiera del paese ospita le basi militari russe di Tartus e Latakia, che permettono alla Russia di avere uno sbocco sul Mediterraneo. Le due basi non rientrano ancora nel territorio controllato dagli oppositori di Assad, ma sono minacciate e perderle potrebbe rivelarsi una brusca frenata alle ambizioni di Putin nella regione e in Africa. Non a caso, il giorno prima dell’ingresso a Damasco dei ribelli, i ministri degli esteri di Iran, Turchia e Russia si sono incontrati a Doha. Il colloquio trilaterale è una replica di quello tenutosi ad Astana nel 2017 e che aveva congelato il conflitto nel Nord della Siria.
La Turchia – A trarre vantaggio dal crollo del regime siriano è Recep Tayyip Erdogan: il presidente turco, dopo aver chiesto ad Assad di avviare un processo di riforme, ha sempre più apertamente sostenuto l’avanzata antigovernativa. «Ci auguriamo che questa avanzata in Siria continui senza incidenti o problemi» affermava il rais il 6 dicembre. A interessare Erdogan sono i circa 4 milioni di profughi siriani che la Turchia ospita, molti dei quali potrebbero rientrare in patria dopo il ribaltamento di regime. Ma a preoccupare il presidente turco sono soprattutto le forze curde che controllano il Nordest della Siria, legate a stretto giro con quelle che lo contestano in patria. Il supporto di Erdogan ai ribelli islamisti è quindi anche un modo per spegnere le spinte autonomiste curde.
L’Iran – I pasdaran non sono riusciti a soccorrere Assad. Anche se stando a quanto affermato dal ministro degli esteri Abbas Araghchi la Siria non ha mai chiesto l’aiuto di Teheran. L’Iran con l’affermarsi di formazioni salafite in Siria perde un corridoio strategico fondamentale per rifornire quello che rimane di Hezbollah, il suo alleato più forte nella regione. Il cosiddetto Asse della Resistenza costruito dall’Iran in funzione anti-israeliana non è mai stato così debole.
Gli Usa – «Finalmente il regime di Assad è caduto» ha dichiarato Joe Biden: «per la prima volta, né la Russia, né l’Iran, né Hezbollah potranno difendere l’odioso regime siriano» ha poi concluso il presidente statunitense. Donald Trump ha invece scritto su X che «Non c’era nessun vantaggio per la Russia a essere in Siria», mandando a Putin il messaggio che quanto accaduto a Damasco dovrebbe convincerlo a fermare le proprie ambizioni imperiali. E se Biden afferma che gli Stati Uniti non permetteranno comunque all’Isis di ristabilirsi in Siria, il tycoon sentenzia che quella in Siria «non è la nostra battaglia».
Israele – Per la prima volta dalla guerra dello Yom Kippur nel 1973, l’esercito israeliano è entrato in Siria. I soldati di Tel Aviv hanno preso il controllo del versante siriano del monte Hermon, nel territorio contesto del Golan. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che l’occupazione dell’area demilitarizzata è «una misura temporanea difensiva» per garantire la sicurezza delle comunità di confine. Ma non ci sono certezze su quando la zona cuscinetto verrà liberata.