«Una pugnalata alle spalle». Così Alan Hassan, un militante curdo, ha commentato al New York Times la volontà del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria. Una decisione che rischia di isolare le forze armate curde nella regione. Dal 2014 ad oggi, infatti, i militanti che occupano l’area nord-est del Paese hanno combattuto strenuamente l’Isis facendo da scudo agli Stati occidentali ma, con il ritiro delle truppe americane, sono consapevoli che dovranno cavarsela da soli. Inoltre adesso i curdi dovranno vedersela anche su un altro fronte: quello della Turchia che non ha mai visto di buon occhio l’occupazione dei territori di confine. «Siamo scioccati – ha detto Hassan – l’atmosfera tra noi è molto negativa».

L’ostilità con la Turchia – L’ostilità tra curdi e governo centrale è iniziata con la formazione dello Stato turco e continua ancora oggi con il Partito dei lavoratori curdo (PKK), considerato dal presidente Recep Tayip Erdogan alla stregua dei terroristi di Isis. Alla Turchia non è mai andata giù l’occupazione della zona nord della Siria ma fino ad oggi tutte le operazioni erano state congelate a causa della protezione degli Usa. Cessata questa, Erdogan avrà mano libera sulle operazioni anti-curdi e da giorni minaccia un attacco diretto alle “Forze democratiche siriane” che operano nel quadro della Coalizione internazionale anti-Isis. Poi giovedì mattina è arrivato la minaccia del ministro della Difesa turco, Hulusi Akar: «Stiamo lavorando intensamente alla preparazione di un’operazione militare contro le milizie curde».

La “vittoria” di Erdogan – La decisione di Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria quindi viene vista dagli analisti internazionali come una grande vittoria del Presidente Erdogan. Mercoledì il Wall Street Journal ha scritto che la decisione del commander-in-chief è stata presa dopo una lunga conversazione proprio con il presidente turco, mentre secondo Asli Aydintasbas, ricercatore dell’European Council for Foreign Relations, la decisione di ritirare le truppe americane dalla Siria è «l’ennesimo storico tradimento nei confronti del popolo curdo», ha detto al New York Times. D’accordo anche il Direttore dell’ufficio sul Medio Oriente dell’International Crisis Group, Joost Hiltermann, che ai media americani descrive quella di Trump come una «scelta disastrosa» perché così «i curdi saranno lasciati completamente soli».

La mappa della regione occupata dai curdi

Chi sono i curdi – I curdi sono un popolo diviso e senza uno Stato. La loro regione storica è quella del Kurdistan, zona montuosa della mesopotamia tra i fiumi Tigri ed Eufrate, che però non è mai stata riconosciuta come uno Stato indipendente. Oggi i curdi occupano cinque Paesi (Turchia, Iraq, Iran, Siria e Armenia) e secondo le stime sono tra i 25 e i 35 milioni. Negli ultimi trent’anni molti curdi sono emigrati verso la Turchia o l’Europa (tramite i Balcani) in seguito alla tentata insurrezione indipendentista in Iraq del 1991, repressa nel sangue dall’allora dittatore Saddam Hussein. Da allora la maggior parte dei curdi si sono spostati in Turchia, dove oggi costituiscono ben il 20% della popolazione totale. Negli ultimi quattro anni le forze armate curde hanno avuto un ruolo decisivo nella riconquista di Raqqa, ribattezzata come la capitale dello Stato Islamico (ISIS) in Siria nel gennaio 2014 e riconquistata tre anni dopo. In tutti questi anni sono stati i curdi a combattere “casa per casa” contro i militanti di Isis e, secondo i loro portavoce, su circa 40.000 combattenti ne hanno persi ben 10.000. Con la sconfitta del Califfato nero però hanno ripiegato nel nord-est della Siria al confine con la Turchia, protetti dalle forze americane. Fino a mercoledì, quando Trump ha annunciato il ritiro delle truppe dalla regione.