“Accorrete, battaglioni della rivoluzione e dell’Esercito siriano libero, per salvare Qusayr e Homs”. Con queste parole il capo della Coalizione siriana dell’opposizione, George Sabra, ha fatto appello a tutti i ribelli ad andare a difendere Qusayr dall’assalto delle forze di Bashar al Assad e degli Hezbollah libanesi.
C’è chi ha definito questa battaglia la “Stalingrado mediorientale”. Il possibile snodo cruciale della guerra civile siriana. La battaglia di Qusayr, cittadina della Siria sud-orientale, infuria dalla mattina di domenica 19 maggio. Da quando con un massiccio bombardamento aereo e l’avanzamento via terra delle truppe lealiste di Assad da nord e da est e un agguerrito gruppo di Hezbollah libanesi da sud e da ovest stanno tentando l’accerchiamento di questa roccaforte dei ribelli a metà strada tra la capitale Damasco, il mare e il confine col Libano.
A dispetto delle modeste dimensioni, Qusayr riveste un’importanza strategica fondamentale. Un luogo di transito di per sé insignificante ma bastione centrale di un ideale “corridoio” tra Siria, costa e Libano. Uno spazio che Assad, nell’ottica di una sua capitolazione, vuole tenere comunque sotto controllo per garantirsi una via di fuga sicura nel Libano a lui amico. Inoltre Qusayr è una cittadina a maggioranza alawita, una branchia sciita il cui esponente più famoso è proprio Bashar al Assad. Sarebbe insomma un rifugio sicuro se le cose si dovessere mettere male.
Nel frattempo le autorità turche hanno deciso la chiusura per un mese – per ragioni di sicurezza nazionale – del valico di Yayladagi, al confine con la Siria. Il passaggio si trova vicino a Reyhanli, la città siriana colpita l’11 maggio da un attentato che ha fatto 51 morti. La misura è stata annunciata dal ministro del commercio Hayati Yazici, responsabile per le dogane. “Abbiamo deciso di chiudere il valico dopo l’attentato – ha spiegato – considerando che i rischi per la sicurezza sono alti”.
Federico Thoman