A una settimana dal terremoto di magnitudo 7.6 che ha colpito la penisola giapponese di Noto, aumenta il numero delle persone disperse sotto le macerie. Secondo i dati riportati dalla prefettura di Ishikawa, nel centro del Paese sulla costa ovest, il bilancio provvisorio causato dal sisma è di 168 morti e 565 feriti. Oltre 320 i dispersi, destinati ad aumentare, mentre in una corsa contro il tempo vigili del fuoco e volontari continuano a scavare tra ciò che rimane degli edifici crollati.

Al freddo, tra le macerie- A Wajima e Suzu, due dei centri più colpiti dal sisma, sono oltre 70 le vittime accertate. Per le strade deserte delle città le forze dell’ordine scortano i pochi residenti rimasti verso i bus diretti ai circa 400 rifugi d’emergenza, adibiti all’accoglienza straordinaria di più di 28mila persone rimaste senza casa. Ad aggravare la situazione, il maltempo in tutta la provincia di Ishikawa, dove forti piogge e freddo stanno rallentando le operazioni di soccorso dei vigili del fuoco: i 10 centimetri di neve a Suzu e Wajima, sotto zero da quattro giorni, hanno causato numerose frane e crolli di edifici, mettendo a rischio civili e soccorritori.

La polizia continua le operazione di ricerca tra le macerie della città di Suzu (Tomohiro Ohsumi/ANSA)

Una situazione che danneggia anche la mobilità della penisola: le autorità locali hanno allertato la popolazione circa i rischi legati alla presenza di ghiaccio sulle strade, distrutte e sventrate dalla violenza del terremoto e difficilmente percorribili per lunghi tratti. Nel frattempo, secondo quanto riportato dalla mittente giapponese NHK, l’attività sismica nel territorio della penisola di Noto e nelle zone limitrofe è stata incessante: dal 1 gennaio ad oggi, sono state più di 1.200 le scosse di assestamento registrate dall’Agenzia Metereologica e Sismica del Paese (Jma).

I precedenti- Da sempre, il Giappone è particolarmente soggetto ai terremoti: situato tra quattro placche tettoniche terrestri, il Paese del Sol Levante ha vissuto nel tempo eventi sismici di intensità pari o maggiore a quello della settimana scorsa. Nel 2011, il maremoto del Tohoku (9.0 sulla scala Richter, il quarto più potente mai registrato nel mondo dall’inizio delle rilevazioni moderne nel 1900) aveva causato la morte di oltre 20.000 persone, la maggior parte uccise dalle onde dello tsunami generato dalla scossa. Il sisma aveva anche provocato la fusione della centrale nucleare di Fukushima, generando danni per oltre 220 miliardi di dollari.

Rovine nella città di Wajima (Press/GETTY)

Di minore entità, ma con un grave impatto su popolazione civile e infrastrutture, il sisma di magnitudo 7.0 a Kumamoto, nel 2016, che ha causato circa 50 vittime e oltre 1.500 feriti.

Le misure di prevenzione- Il terremoto del 1 gennaio è il più forte avvenuto a Ishikawa dal 1885, l’ennesimo a impattare sulle finanze del governo di Tokyo, che a partire dagli anni ’50 ha implementato un piano di prevenzione sismica efficace per far fronte ai cataclismi. La spesa per questo piano, pari al 7% dell’intero PIL giapponese, ha affiancato alle procedure tecniche di costruzione una solida educazione per la propria popolazione con risultati eccellenti. Anche di fronte a tali misure, tuttavia, il Giappone continua a subire danni devastanti causati da scosse di varia intensità: lo scorso 4 gennaio, a margine dell’incontro d’emergenza del governo, il premier Fumio Kishida ha annunciato l’immissione di nuovi fondi straordinari per la prevenzione sismica e la ricostruzione.