«Sono incazzato con Putin». Così si traduce l’espressione inglese «pissed off» usata da Donald Trump in un’intervista telefonica rilasciata ieri, domenica 30 marzo, all’emittente americana NBC. Il presidente statunitense si è anche definito «very angry» (molto arrabbiato) a seguito delle dichiarazioni fatte dal suo omologo russo Vladimir Putin contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Venerdì 28 marzo l’agenzia France-Press, infatti, ha riportato la volontà dello zar che vengano indette nuove elezioni in Ucraina: Zelensky è da lui ritenuto illegittimo, e la sua sostituzione con un governo presieduto dalle Nazioni Unite è stata più volte evocata quale condicio sine qua non di futuri negoziati di pace. La messa in discussione della leadership di Zelensky, ha proseguito Trump, «is not going in the right location», non va nella direzione giusta. Se così fosse, infatti, i negoziati verrebbero lungamente posticipati, mentre Trump ha fretta di chiudere un accordo di pace il prima possibile, dando così prova della sua forza politica di mediazione diplomatica: durante la campagna elettorale aveva addirittura vantato di poter risolvere il conflitto in 24 ore, con un paio di chiamate (per poi ritrattare recentemente con un: «Ero sarcastico»). Ma, per ora, pende ancora dalle labbra dell’autocrate russo.

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Le minacce – Per accrescere il proprio potere contrattuale nelle trattative con Mosca, Trump ha poi fatto leva sui ricatti economici. Sempre nell’intervista alla NBC, infatti, ha aggiunto che se non si dovesse raggiungere un accordo che fermi lo spargimento di sangue in Ucraina, e se in particolare egli dovesse ritenere che la colpa del naufragio diplomatico è del Cremlino, introdurrà tariffe del 25 percento su tutto il petrolio proveniente dalla Russia, nonché dazi secondari sull’export in Usa delle merci  provenienti dai paesi stranieri che commerciano con Mosca.

In difesa di Zelensky – Altro aspetto rilevante delle parole di Trump, oltre al lieve incrinarsi dei rapporti con Putin che esse comportano, è la posizione assunta in difesa della legittimità del presidente ucraino. Un’inversione a U: a febbraio, poco più di un mese fa, il tycoon lo aveva definito un «dittatore senza elezioni». Il mandato di Zelensky, infatti, sarebbe dovuto finire a maggio del 2024, ma la guerra ha reso impossibile l’indizione di nuove elezioni. Un rapporto, quello con il presidente ucraino, che – in particolare dopo lo scontro verbale avvenuto nello Studio Ovale il 28 febbraio – è andato deteriorandosi. Tanto che nell’intervista di ieri Trump ha esplicitamente confessato che fra i due c’è «un odio tremendo». Il presidente Usa difende la legittimità di Zelensky non certo per simpatia, ma unicamente al fine di non dilungare ulteriormente i tempi dei negoziati. Viceversa, su Putin, in chiosa all’intervista il presidente Usa ha abbassato i toni, dichiarando di avere con lui relazioni molto buone: «La rabbia scomparirà se farà la cosa giusta».