“Benvenuti in Italia”. Non è un reportage di viaggio né la scritta su un cartello d’accoglienza, ma il titolo di lunedì mattina del giornale spagnolo El Pais. La Spagna, dopo le elezioni politiche di domenica 20 dicembre, si è scoperta frammentata, senza una maggioranza vera che possa guidare il Paese, come succede storicamente in Italia. Il Partito Popolare di Mariano Rajoy è primo, ma con solo il 28% delle preferenze che gli danno 123 seggi quando per governare ne occorrono 176. Al secondo posto, con il 22%, si attesta il Partito Socialista, mentre il movimento degli indignados di Podemos diventa la terza forza del Paese. Resta più staccato il partito di centro destra Ciudadanos che però rivestirà un ruolo cruciale nel sistema delle alleanze di governo.
Ora, per Rajoy, cominciano le trattative. Lo scopo è arrivare a gennaio con alleati sufficienti per governare e scongiurare un ritorno al voto. Dalla sua parte Rajoy ha re Felipe VI, ma non l‘ex premier Aznar che ha di fatto sfiduciato il suo successore. Il leader del Pp non può neanche contare sull’appoggio delle forze di sinistra come Podemos. La guida del partito degli indignados, Pablo Iglesias, ha detto più volte: “Non gli permetteremo di governare, in nessun modo”. L’alleato più probabile rimane Ciudadanos, ma i suoi 40 seggi comunque non porterebbero alla maggioranza assoluta Rajoy. Più incerta la situazione nel Partito Socialista, frammentato al suo interno fra chi vuole un governo stabile da gennaio e chi preferisce tornare al voto. Se i socialisti accettassero l’alleanza con il Pp si arriverebbe ad avere una coalizione di larga intesa, una große-koalition alla tedesca.
La partita si giocherà il 13 gennaio, quando le Cortes (l’equivalente della nostra Camera) si riuniranno per eleggere il presidente e poi il capo del governo. Non ci sono tempi fissi ma di solito la prima votazione arriva dopo 11 giorni ed è a maggioranza assoluta, quindi servono almeno 176 sì. Se non si raggiunge questo risultato i politici votano di nuovo dopo due giorni, questa volta a maggioranza semplice. Se entro due mesi non c’è ancora un accordo, le Cortes vengono sciolte ed entro 54 giorni si deve tornare al voto. Scenario che potrebbe dunque verificarsi a maggio 2016. E intanto Rajoy continua nella sua azione “di dialogo e di confronto con tutti”, per raccogliere sostegni preziosi. Oltre a mantenere il suo governo in carica per l’ordinaria amministrazione.
Federica Villa