Volano insulti e anche pugni nell’ultima settimana prima delle elezioni politiche in Spagna del 20 dicembre. Il bersaglio di offese – verbali e fisiche – è il primo ministro Mariano Rajoy. Tra le ultime tappe della campagna elettorale c’è la città galiziana di Pontevedra, dove il leader del Partito Popolare ha vissuto a lungo. Non ha ricevuto l’accoglienza sperata, il 16 dicembre. Un ragazzo di diciassette anni con una mano tira fuori il telefono per scattarsi un selfie insieme al premier e con l’altra lo colpisce al volto. Arrestato, ma non pentito. «Sono molto contento di averlo fatto» avrebbe detto agli ufficiali di polizia il giovane, vicino al movimento della Marea, alleato in Galizia con Podemos, il partito anti-sistema nato dal movimento degli Indignados. Rajoy non si scompone. Abbandona gli occhiali rotti per terra e – tra gli applausi – prosegue la sua passeggiata in cerca di voti. Il mattino dopo è già pronto per un giro nei salotti televisivi. «Ho lo zigomo un po’ gonfio – racconta durante il Programa de Ana Rosa su Telecinco – Non traggo conclusioni politiche da questo episodio e chiedo che nessuno lo faccia». Posta anche su Twitter un video in cui si allena sul tapis roulant: «Buon giorno e buon giovedì da Barcellona. Andiamo avanti».

Si sa che le parole fanno più male dei cazzotti. E a ferire Rajoy ancor prima del pugno era stato l’attacco del leader dei socialisti Pedro Sanchez: «Lei non è una persona per bene», gli ha rinfacciato durante il duello televisivo del 14 dicembre. “Vile, meschino e miserabile”, la replica scomposta del premier spagnolo.

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Tra i due litiganti, il terzo conquista voti. Pablo Iglesias, candidato per Podemos, sembra essere uscito vincitore dal dibattito, anche se non ha partecipato. In giorni di silenzio elettorale, un sondaggio pubblicato nel vicino Principato di Andorra da Gesop, un istituto di monitoraggio dell’opinione pubblica, evidenzia dopo la rissa televisiva una progressione degli ex-Indignados. Che ora minacciano il secondo posto dei socialisti. «Stiamo facendo uno sprint impressionante. Abbiamo molte possibilità di vincere domenica», esulta Iglesias. In quarta posizione i centristi di Ciudadanos. Il leader Albert Rivera – anche lui non ha partecipato al duello in tv –  ha sottolineato la differenza tra i suo partito e la vecchia politica: «Se la gente votando chiude gli occhi e pensa a questo dibattito capirà che nessuno dei due può governare il Paese».

Il favorito della vigilia resta comunque Rajoy: secondo le rilevazioni arriverebbe primo, ma solo con il 25,4% dei voti. Ma il primo ministro non può quindi dormire sonni tranquilli, e non solo per il dolore alla guancia. Lo stacco sugli avversari non sarebbe abbastanza ampio da permettergli di governare da solo. Se le previsioni saranno confermate, è probabile la creazione di un governo di coalizione per raggiungere la maggioranza assoluta di 176 seggi. Ma tutto è ancora possibile, soprattutto perché il partito più forte in questo momento è quello degli astensionisti, il 40% degli spagnoli.

Michela Rovelli